Una veranda in primavera a Maycomb. Una villetta a schiera davanti al mare della California. Un attico a Manhattan con affaccio sulla quinta strada. Delle tre avventure una almeno me la gusterò, probabilmente dopo la fine dei giorni. E magari due, e magari tutte e tre, perché nei sogni, là dentro, non c'è confine. Se il paradiso fosse una dimensione da cercare invece che un destino imposto, se si potesse votare come si vota per i mentecatti che ci governano, sceglierei di passare l'eternità a spasso per il mondo, ma solo dove da vivo ho orientato crimini e desideri. Sulla veranda di quella città inventata, in un tramonto d'aprile, vedrei passare sulla strada che taglia in due la mia proprietà il calesse di Bob Ewell - siano maledetti tutti quelli della sua razza - e in tribunale potrei giurare che è stato lui, non l'uomo nero, a violentare la ragazza. Quella casa davanti all'oceano invece la aprirei alle feste e a tutti i venti: inviterei Dudley Moore prima che la m...
Sdraiato sui binari: diario di bellezze malsincere in attesa del treno. Sperando che porti ritardo.