Guardo come sei sfrontata, come nobiliti ancora quella curva, come da quel cantone ti fai beffa degli uomini e vedo in grani tutta la mia vita. Ciao pietra, non avertene a male ma fai un po' rabbia. Ti passo davanti ogni giorno, e ogni giorno perdo un centinaio di capelli, e gli occhi perdono allegria, il viso si riga attorno agli occhi, le spalle si curvano d'un altro grado, le gambe stentano dove ieri andavano sicure e tu sei sempre uguale a quando ero ragazzo, a quando era ragazzo mio padre, a quando mio padre non era nato e mio nonno tornava dalla guerra dopo aver lasciato un figlio in Albania. Vorrei essere te, pietra, vorrei avere la tua struttura, il tuo cuore di sasso, l'anima imperturbabile, e aver sentito pronunciare parole come nostalgia, malinconia, rabbia, dolore, solitudine ma non saperne il senso, solo il suono. Ti hanno guardato tutti coloro che ho amato, coloro che ho detestato e a cui ho promesso battaglia, salvo poi trattare la pace perché non ne valeva la pena. Eri qui dove sei adesso, con lo stesso sbaffo color cenere sotto il frontone, i fianchi panciuti come di giara, quando casa mia era tutta una festa, quando studiavo da matto intuendo in certi libri spietati la direzione degli uomini, quando è nata mia figlia, quando è morta mia moglie, quando è morto mio padre, estranea a qualunque sacrificio, alla speranza, indifferente a qualsiasi spavento. Io ho vissuto, ho pianto di felicità e riso di rabbia, ho sgominato i miei demoni come Orlando ma con minor furia, e come lui mi sono innamorato di una donna che neanche mi guardava. Tu no, tu sei immortale e io morirò, tu sei eterna e io chi lo sa, speriamo. Ma che te ne fai, di quella eternità? Non è eterno solo chi patisce, chi piaga le mani, chi urla prega e maledice dio? Ti fai beffa degli uomini e di certi uomini spenti sei perfino l'immagine ma in cuor tuo, se un cuore l'avessi, vorresti essere noi.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
Commenti
Posta un commento
Grazie per aver commentato il mio post