Sapete la cosa per cui più mi rammarico, del mio carattere? Di non essere un uomo pratico, né scaltro. Praticità e scaltrezza fanno la fortuna di tanti, ed è tenerissimo quando questi gaglioffi mettono in mostra le loro doti: sembra quasi che mi compatiscano perché io non le possiedo. La commozione, per esempio, prendiamo la commozione. Io mi commuovo ancora tre volte al giorno, prima dei pasti, e se c'è da piangere piango, più volentieri però senza darlo a vedere: al cinema, da solo in casa, in macchina, o mentre cammino per i campi desolati rimuginando storie. Mi rammarico di non essere un uomo pratico, né scaltro, perché pur amando la mia anima crepuscolare, vorrei anche saper sempre come vestirmi per sembrare moderno, capirne di automobili, di vini quando al ristorante il cameriere mi chiede un parere, di investimenti in borsa, e di tutti quei piccoli sotterfugi ai limiti del lecito cui gli uomini differenti da me indulgono scambiandosi sguardi rapaci. Nessuno di questi tuttavia avrebbe fatto caso, ci scommetto, al ragazzo che ho incrociato ieri in via Galvani, il che mi da un vantaggio su tutti loro: io so raccontarlo. Magari sbiadito, senza la nitidezza di un narratore di rango, ma a modo mio so raccontarlo. E allora racconto che quel ragazzo che ho incrociato ieri in via Galvani, mentre stavamo uno di fronte all'altro, mi ha sorriso. C'è una strettoia, stanno facendo i lavori gli operai del gas, ci si passa uno per volta. Lui si è fermato e mi ha dato la precedenza. Mi ha dato la precedenza e mi ha sorriso. Non credo sia solo per il fatto che sono più vecchio, è stato proprio un gesto di gentilezza dentro un'epoca feroce. Sì, tutte le epoche sono state feroci, ma io vivo questa, e questa mi segna la pelle, quindi è più feroce di altre. Alla fine sono tornato a casa quasi in lacrime, per una cosa che non credevo potesse mai più succedere nel mondo delle multinazionali. E invece mi sbagliavo.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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