Anche oggi ho comprato il giornale, assieme alle parole crociate e a un libro sugli anni di piombo. Anche oggi ho fatto contenta la mia edicolante, cui verso da anni una parte non trascurabile del mio magro stipendio. Sulla prima pagina del quotidiano un chiarimento di cosa sia il cosiddetto decreto bavaglio: ora credo di averlo capito e sono abbastanza convinto che la fonte sia attendibile. Il quotidiano è La Stampa di Torino, e per quanto possiamo pensar male della comunicazione moderna, direi che è sufficientemente serio. A casa, mentre cuoceva la pasta, ho guardato la tv. Non era tutta immondizia, no. C'era un bel film con Isabella Ragonese che non avevo mai visto, in un altro canale un lungo speciale su Renato Rascel e in un altro ancora un'inchiesta di Corrado Formigli sulla Fiat. Insomma, anche oggi ho cercato di non arrendermi al luogo comune per cui tutto ciò che ci raccontano i giornali è drogato e tutto quel che passa in televisione è una porcheria. E anche oggi ho cercato di fare un passo in più in questo posto strano che è il mondo dell'informazione, cercando di capire di chi posso fidarmi e chi invece mi racconta fandonie. Non credo che il modo per difendersi dalla presunta dittatura dei media sia quello di chiudere occhi e orecchi, credo al contrario che vadano spalancati, che si debba leggere, guardare, studiare più prospettive possibili, e che il nostro compito - se proprio dobbiamo trovarne uno - sia quello di nuotare in apnea fino al fondo delle cose. Di conseguenza non credo ai complotti, non credo a gente incappucciata che disegna pentacoli per terra e ci vuol convincere a comprare auto elettriche per sterminarci con le radiazioni delle batterie. Immagino che sarebbe plausibile giusto in un film americano, il cui pubblico medio ha per tutta la vita sei anni di età. Continuerò a cercare di non farmi abbindolare, né comprare dal mercato - non tutto in una volta almeno - ma spero di salvarmi dalla tentazione per cui crearsi una visione singolare delle cose, forzatamente eccentrica, alternativa, porti alla verità. Che poi se vogliamo dirla tutta mica esiste: è solo una speranza con cui rendiamo più sopportabili le nostre vite.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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