Passano i ragazzi colorati, passa la primavera, passano i cani al guinzaglio, passa la banda dopo il rompete le righe e passa la vigilessa dalle grandi tette, ma non passi tu. Ci avevo sperato, ma ci credevo poco. Sono uscito con l'idea di incontrarti per caso e ho giocato l'attesa arrampicandomi su per le ottocento pagine di un libro stupefacente che non finirò mai, se non barando. Sono uscito con la speranza di incontrarti ma come ogni speranza pesava due lire, o una piuma sul piatto d'una bilancia, o la pagina 170 di quel libro immane, lei e lei soltanto. Però il mattino è dolce e turbatore anche se Eugenio è morto da un pò, le trattorie son piene a scoppiare, le moto ruggiscono e le ragazze ridono fresche come mazzi d'insalata: che palle tutte queste canzoni di gioventù. Spero promitto e iuro reggono l'infinito futuro: mi viene così, mentre passa un passante coi passanti dei calzoni senza la cintura, mi vengono scioglilingua, ieri ho letto in teatro due miei racconti e adesso ho bisogno di slegarla. M'e capitato di innamorarmi senza che lo cercassi, e sono gli innamoramenti più micidiali. Che poi innamorarsi, boh, chissà: è più un bisogno di leggerezza, dell'aria che respiro quando mi sei attorno, dell'allegria che fa al mio cuore ogni tua parola, povero cuore mio. Se incominciamo dalla fine a dare un senso a questa vita, c'è il rischio che la fine non ce ne lasci il tempo, e allora si va in direzione inversa: dal principio. E il principio è pensarti, immaginarti, ti ho perfino sognata e mi baciavi a tradimento, e avevi la lingua gelata come avessi leccato un gelato, e infatti sapevi di amarena e caffè. Ti conosco da che eravamo ragazzi, pochi fine settimana fa, e nessuno ha mai pensato di esser per l'altro niente più che una voce, un nome senza cognome in rubrica, una confidenza. Mi hai guarito gli amori perduti e io ho curato i tuoi, con meno successo però, e ora sto aspettando che mi sfili davanti, perché incontrarti paia a entrambi un soprappensiero del destino. Appena arrivi - perché arriverai - ti racconterò questo strano mattino, e tu sorriderai come tutte le volte che ho provato a dirti che t'amo senza riuscirci. E tutto sembrerà perfetto, come ogni amore che non si rivela.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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