Se un giorno vi va vi
porto a guardare la luce nella mia città di mare. Mia beninteso e di nessun
altro, perché quando un narratore si innamora, le meraviglie di cui si
invaghisce diventano soltanto sue, eccezion fatta per le donne, che sono fiere
e indipendenti e mangiano in testa perfino agli uomini senza sogni, figuriamoci a lui. Bisogna
arrivare a una certa ora che non è ancora notte e non è più giorno: solo
in quel momento la luce ha quel colore di carta cenerina che non scorderai più.
Galleggia tra le facciate dei palazzi e penetra nelle cose che ti porti dietro
- nei libri, nello zaino che hai comprato dall'Assassino - e capita che per
qualche minuto ti dimentichi di tutte le guerre del mondo, personali e
collettive. La vedi sospesa sul mare poi, se guardi verso l'orizzonte, ma prima
che faccia del tutto sera, quando le barche scrivono righe bianche sull'acqua tornando a riva. Ho raccontato questa città e le sue rifrazioni tutte le
volte che ci son capitato e perfino altre che il viaggio era solo un desiderio,
venendo teneramente a noia a voi che m'accompagnavate, dolci ragazze che siete.
Una perversione che dev'essere cominciata quand'ero a mia volta ragazzo ma di
cui mi son reso conto da adulto, a scoppio ritardato: forse era silente, come
certi malanni che covano dentro per un sacco di tempo e tu non lo sai. Via
delle ancore e la sua dirimpettaia - via del vascello - furono il palco della mutazione il giorno in cui, a sedici anni, intinto in quella luce
sbavata, mi accorsi del potere fatale della malinconia. Sì, fu come intuire un
destino, mi tocca confessarlo, anche se non vorrei metterla giù tanto grave.
Seria però di sicuro, e lo divenne col tempo, quando da marito e padre trovai
che quella tenerezza asprigna poteva essere raccontata e scritta in un modo persino grazioso, e così fermata per sempre. Tutto questo per dire che vorrei
foste davvero convinti, quando partiremo insieme: il viaggio è un viaggio verso
la bellezza come non l'avete mai vista. Al ritorno, può darsi salti il ghiribizzo
anche a voi di fare gli scrittori: dopo non dite che non vi avevo avvertiti.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
La tenerezza asprigna….in due parole, un universo. …
RispondiEliminaGrazie, mi fa piacere che tu abbia notato quell'apparente paradosso.
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