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Due donne

Il teatro greco di Taormina è uno di quei tre o quattro posti dove mi piacerebbe morire, naturalmente tra un paio di secoli. Il guaio è che non potrei perché ha la stupefacente capacità di farmi sentire immortale, felice come una Pasqua e mezzo ciucco anche se ho bevuto solo gazzosa. Esistono posti così, quello è un posto così. Lì ho immaginato che faccia farò quando scoprirò che tutto ha un senso e che tutte le ansie scoperchiate di notte erano soltanto un gioco di ruolo, una beffa ben architettata. Lì, sulla scalea lavica, in faccia al tramonto dello Ionio, non più tardi di dieci anni fa ho fatto il punto della situazione con due donne libere che assecondavano la mia impudicizia. Cercavamo tutti e tre una giustificazione a quella licenziosità, che un po' ci spaventava e un po' ci divertiva. E inseguivamo un'espiazione, ma con calma. Poi la sera, tra le viuzze ornate di passamanerie, di tovaglie di broccato poggiate sui davanzali, ecco la parola che ci salvò, pronunciata per ironia della sorte da una nobildonna di passaggio che scendeva coi suoi amanti alla spiaggia libera. Quella matrona pronunciò la parola fede, non so in quale contesto, certo non ce l'aveva con noi, eppure fu opportuna come poche altre fortuite parole. Capita che qualcuno ti passi accanto e dica una cosa che ti spalanca un mondo: è il caso che si diverte. Così noi tre l'afferrammo prima che cadesse a terra e rimbalzasse via, e ci accorgemmo che quella parola conteneva il senso del nostro viaggio, lo sublimava perfino. Perché noi tre avevamo creduto a tutto quel che ci eravamo raccontati, in un certo senso avevamo reciprocamente avuto fede. E quell'adulterio, o comunque lo vogliate chiamare, dove non si capiva chi ingannasse chi perché tutti a turno eravamo traditori e traditi, era stato un gioco trasparente, un'innocenza, e in quanto tale non punibile. Ci amavamo senza sotterfugi, ognuno sapeva degli altri e ognuno trovava la cosa perfettamente naturale. Rientrati nel mondo tuttavia, per ragioni che non ho mai compreso del tutto, quella perfezione si incrinò, quella bellezza si sfilacciò come una corda logora e tutti prendemmo altre strade, con una certa dose di rimpianto. 

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Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia

Zoe

Il giorno della morte di Silvio Berlusconi mi arriva un messaggio sulla chat di Facebook: Ciao, hai visto che anche lui se n'è andato? e così mentre il cuore salta un paio di battiti mi ritrovo a Montalto di Castro, è il 1983, ho sedici anni. Eravamo partiti in due ma l'amico che venne con me faceva le sei del mattino in discoteca e poi dormiva tutto il giorno, cosicché me ne andavo a spasso per conto mio, in bici, per capire un po' meglio che bestia fosse la libertà. Per inciso confesso che dopo quarant'anni devo ancora scoprirlo: l'ho sentita pronunciare da così tante lingue biforcute, quella parola tronca, che mi si sono confuse le idee. Certi scrittori di cui ho venerazione giurano che esser liberi significa non sapere mai per certo cosa voglia dire: se così è allora sono libero, e tanti saluti. E a parte questo, quell'estate fu maestosa. Di primo pomeriggio guardavo Mister Fantasy - coi videoclip di Madonna e dei Frankie goes to Hollywood, e dev'essere