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Carovane combattenti

Ridiamo, aprile è arrivato, la tua camicia leggera. La panchina di legno l'hano rotta i ragazzi delle medie, mancano un paio di stecche, il sedere ci casca dentro. Io devo aver detto qualcosa di spiritoso, o tu hai riso per cortesia, non fa differenza. Siamo lì perché è un destino, un viaggio che avrà tante deviazioni, e ad ognuna di esse dovrò scegliere da che parte andare. Ma quella volta chi ci pensava che sarebbe stato così complicato? Credevo a una vita monotona, un poco pigra, la vita a cui aspirano tanti di noi, pensando che sia la migliore possibile. Quel giorno, e nei giorni successivi, che slegarono la nostra libertà, sperai che saresti stata il mio sempre, fino a diventare decrepiti insieme, e che ce ne saremmo accorti, di essere invecchiati, solo in un altro aprile, a cent'anni di distanza. Il fatto di non esser mai riuscito a immaginare una vita senza di te prima che dovessi per forza viverla, è stato un altro bel problema: la fantasia aiuta quando arriva una realtà nuova, se ne hai intuito la consistenza. Adesso è qualche giorno che passo per quello sterrato, davanti al laghetto delle oche. Parcheggio sotto le mura della città vecchia e faccio i duemila passi fino alla radio, impacchetto la mia musica per chi mi sta a sentire e poi torno via. Giro per librerie, per negozi di dischi in vinile, e sulla strada del ritorno compro un etto di pane, un pacco di caffè e qualche verdura che scalderò nel microonde. Lo sai? Sono diventato vegetariano. Non solo perché la carne in fondo non mi è mai piaciuta ma perché gli animali mi fanno tenerezza: saresti d'accordo con me, forse lo saremmo diventati insieme. Se non è tardi, se il tempo è mite, faccio un paio di giri dell'anello, di buona lena. Il contapassi del cellulare dice che per stare in forma devo arrivare a seimila al giorno. Qualche volta ce ne escono anche di più. Penso a tua figlia, che quella volta sulla panchina non era nemmeno nelle intenzioni di dio e ora sta per laurearsi. Penso a quello che scriverò, di tutta questa nostalgia. Ragiono sulla mia irrequietezza, sulle stagioni scontente, sulla fortuna che ho ad avere tanti amici in gamba attorno, e qualche amica fantastica. Mi pare di essere come quei pionieri dell'Ottocento che attraversavano il mare d'erba dell'Oregon sulle loro carovane da combattimento. Sempre avanti, nonostante i fuorilegge, gli indiani e il vaiolo, in agguato dietro ogni cespuglio. 

Commenti

  1. Quanto amore, Francesco. Quanto è ingiusta la vita, a volte.

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    1. Sì lo è, ma immagino ci saranno dei risarcimenti, prima o poi. Grazie Stefania, ciao.

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