Passa ai contenuti principali

Avventura di capodanno

Ero innocente, a parte il fatto che stavo mangiando una gran fetta di pandoro. Ma avevo pur sempre undici anni, come può essere colpevole di qualcosa, uno, a quell'età? La notte era finita ma il buio no: fuori della finestra tutto raccontava la tenebra, ogni filamento di stella, ogni passaggio di uomini ubriachi. Era il primo dell'anno, era domenica. E mangiavo il pandoro, ma non una fetta, ho mentito. Lo mangiavo a strappi, come cogliere ciuffi di manna da un cespuglio del vecchio testamento, e poi lo tuffavo nel caffelatte e quello veniva su tutto molle e gocciolante. C'erano sul tavolo le teglie della sera prima, piene di bicarbonato per staccare il grasso, e sul muro già il calendario del 1978. Mangiavo di fretta, una colazione di nascosto, prima che mi si facesse notare che divoravo troppi dolci, e che continuando di quel passo a vent'anni mi si sarebbero cariati tutti i denti. Mangiavo di fretta, ingurgitando aria, difetto che mi sono portato dietro anche da grande, anche se i denti che ho in bocca sono ancora tutti i miei. Pochi giorni prima era morto Charlie Chaplin, qualcuno mi aveva spiegato che era il vagabondo delle comiche diventato vecchio, che viveva in Svizzera e che era un tipo arcigno, dal carattere ispido, come gran parte degli artisti che fanno ridere. C'ero rimasto male, credevo ancora all'immortalità, anzi: all'impossibilità di invecchiare per coloro che avevo visto al cinema, ero convinto che fossero uomini del tutto estranei alla sorte comune. Pensavo a una ragazzina che mi piaceva, eravamo in prima media, si chiamava Maria. Non mi sono innamorato mai più di una donna di nome Maria, per tutta la vita, da quella volta. Così pensando, abbassai la guardia e mio padre comparve alle mie spalle d'improvviso. Ero fregato, mi aspettavo la solita ramanzina sui dolciumi. Trattenni il respiro, il moncone di pandoro tra le mie dita rimase interdetto quanto me. Poi, in capo a qualche secondo, accadde un fatto incredibile. Inconcepibile perfino: Pietro mi accarezzò la testa. Ci credereste? Fu la prima e l'ultima volta in tutta la vita. Mi appoggiò la mano sulla nuca e con quella, non con la voce, che aveva pudore a usare, sembrava che dicesse Ti voglio bene. Dichiarazione drammatica, che sottintende un mondo di compromessi riassumibili in questa formula: sto dalla tua parte, e sempre ci starò. Peccato davvero che quel gesto sia rimasto l'unico del genere, che sfortuna. Ma se ci fossero state delle repliche, a ricordarlo oggi forse non mi farebbe così intenerire. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia

Zoe

Il giorno della morte di Silvio Berlusconi mi arriva un messaggio sulla chat di Facebook: Ciao, hai visto che anche lui se n'è andato? e così mentre il cuore salta un paio di battiti mi ritrovo a Montalto di Castro, è il 1983, ho sedici anni. Eravamo partiti in due ma l'amico che venne con me faceva le sei del mattino in discoteca e poi dormiva tutto il giorno, cosicché me ne andavo a spasso per conto mio, in bici, per capire un po' meglio che bestia fosse la libertà. Per inciso confesso che dopo quarant'anni devo ancora scoprirlo: l'ho sentita pronunciare da così tante lingue biforcute, quella parola tronca, che mi si sono confuse le idee. Certi scrittori di cui ho venerazione giurano che esser liberi significa non sapere mai per certo cosa voglia dire: se così è allora sono libero, e tanti saluti. E a parte questo, quell'estate fu maestosa. Di primo pomeriggio guardavo Mister Fantasy - coi videoclip di Madonna e dei Frankie goes to Hollywood, e dev'essere