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Clara

Potessi scegliere, io che sono improvvisatore e capriccioso, vorrei vivere la vita di Clara, almeno la parte cui ho assistito, quella senile. La madre di mio padre, per quanto ho potuto osservare dai primi anni settanta fino a che non è morta, nel 1987, visse con incredibile ripetività tutte le stagioni, sapendo perfettamente cosa fare, dove viaggiare, quando mangiare e quando digiunare (di rado) e perfino quando dispensare consigli di gestione della casa a mia madre, se le sembrava che ne facesse richiesta. Di questi tempi, tra la fine dell'estate e i primi giorni di vento che annunciano l'autunno, una volta alla settimana ospitava le amiche con cui era stata giovane in un'altra epoca - quella tra le due guerre mondiali - e che come lei erano sopravvissute al nazifascismo e ai mariti, tutti sepolti con buona pace dei ricordi e della nostalgia. Preparava il tè e spacchettava gli Oro Saiwa, intanto che loro eran per strada. E dopo si mettevano sedute in crocchio a raccontare gli anni, e i mestieri fatti per tirare avanti, e Clara ripeteva sempre di quella volta che a Norcia era venuto il terremoto e per poco tutta la famiglia non ci aveva lasciato le penne, evento che sarebbe stato comico considerando che eran scappati da Narni per sottrarsi ai rastrellamenti. Clara era così, severamente abitudinaria: non perse mai una puntata di Giochi senza frontiere, e la domenica sera, qualunque cosa succedesse tra pubblico e privato, ascoltava le opere liriche per radio. Una volta che saltarono i gorgheggi della Ricciarelli perché avevano rapito Aldo Moro e tutta l'Italia era col fiato sospeso Clara la prese con sportività, ma si vedeva che era urtata. E poi. E poi pretendeva di fare sempre le stesse vacanze a Salsomaggiore, per via delle terme, e un mese sì e uno no di farsi portare a Tivoli dalle sorelle. A turno mio padre e mio zio la caricavano in macchina con tutto l'armamentario di una donna che non viaggia senza le sue comodità e via. D'inverno, nei pomeriggi lunghi e fumiganti di freddo, ritagliava le foto dei regnanti d'Europa da Gente, Oggi, La Domenica del Corriere, e poi le attaccava su un album a spirale che le aveva rimediato Gastone. Ci passava giornate intere, a rimirarle, spolverarle, e quando arrivava Vania, la sarta nubile che abitava dirimpetto, stavano lì a raccontarsi della regina Elisabetta e di Grace di Monaco, e quel giorno che la principessa precipitò con la Rover dalla scarpata del diavolo Clara saltò il pranzo, cosa inedita che allarmò tutti. Ma non la cena, con gran sollievo della famiglia intera. 

Commenti

  1. Caro cugino prodigo di smarriti ricordi, che porti alla mente le immagini di Clara e Malvina e delle opere liriche di cui Gustavo si nutriva ascoltate dallo zio nelle estati narnesi trascorse coi cugini Pietro e Gastone.
    Da Tivoli, un abbraccio, perso nello scorrere del tempo.

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    1. Ciao, immagino tu sia Stefano, o forse Simona. Comunque sia un grande abbraccio a voi. Sarebbe bello rivedersi, una volta o l'altra.

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    2. Ciao Francesco, sono Antonio figlio di Gustavo. Papà era innamorato delle opere che ogni domenica di zio Checchino ascoltava al grammofono. Sì, sarebbe bello rivedersi con tutti.

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    3. Ciao Antonio, come state? Sì, sarebbe bello. Io sono tornato a vivere a Narni, dopo tanti giri inconcludenti. Troviamo il modo di riunirci, e raccontarci un po' tutto quello che è successo.

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    4. Sì, concordo . Ne parlo coi cugini

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