Lei trova che io sia vecchia? - mi domanda una signora vecchia oltre ogni ragionevole dubbio mentre siamo tutti e due in fila al buffet dell'Hotel Airone, a Rimini: è il 12 luglio del 2023. Sono in vacanza da ventiquattr'ore e già fanciulle d'altri tempi mi abbordano sfacciate, a dentiere schioccanti. Ma a dirla tutta, in questo tre stelle (cui almeno una stella è stata concessa con generosità), di spunti narrativi ce ne sono ben altri, e di maggiore consistenza. Per esempio c'è la madre che accudisce il figlio tetraplegico conficcato sulla sedia a rotelle. Il dio dei romanzieri mi concede la grazia di ascoltarne la storia, mentre tutta la comitiva è in giardino in attesa della cena. Io fingo di leggere Zorba il greco e appizzo le orecchie: la madre la racconta a voce alta a gente conosciuta un'ora prima, per quell'insopprimibile istinto di ritrarre il dolore facendone vanto che nella condizione in cui quella donna si trova più che un'immodestia è un modo per combatterlo. Il ragazzo è su quella sedia da quando aveva sedici anni, ora ne ha quarantasette. Ha la testa reclinata da una parte, il sorriso perennemente di sbieco, le mani rattrappite, le gambe intrecciate l'una all'altra. Un incidente in moto, l'hanno operato, ha una cicatrice che va dalla base del collo al colmo della testa. La madre lo imbocca, gli pulisce la bava col tovagliolo, lo chiama amore. Continuamente. Non ho mai sentito nessuno pronunciare quella paroletta equivoca con tanto strazio e tanta compostezza. E poi c'è una tipa che somiglia a Joni Mitchell, e forse è proprio lei: stessa età, stessa capigliatura bianca che le piove sulle spalle, stessa erba sfumacchiata dopo cena, in disparte dal resto della comitiva. Son tentato di chiederle un autografo, e se per caso le va di suonare A case of you al posto di quella lagna romagnola che l'albergo ci propina tutte le sere come un plus. Veste in tuta militare, con il simbolo della pace sul braccio, e si porta appresso un ragazzino che non può essere il figlio: forse è il nipote, e immagino i genitori che l'hanno affidato alla nonna con l'idea di levarselo dalle scatole per un po'. Niente di più facile che gli ritorni a casa schizzato e pacifista come i marmittoni di Mash. E insomma mi diverto come solo in posti del genere ci si può divertire, tanto che se mi gira ho di che scrivere per i prossimi mesi. Vi immaginate invece in resort da ricchi, dove si parla solo di finanza e piani industriali e son tutti trattenuti e fasulli, quante storie di cui cibarsi - appetitose e tenere - potrebbe trovare un narratore mai sazio? Ve lo dico io: poche. E allora morirebbe di fame.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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