Credo fosse scritto da qualche parte, tipo tra le stelle o in una centuria di Nostradamus, che all'ora di pranzo del due giugno duemilaventitré, mentre ero in trattoria a mangiare una carbonara, mi avrebbe telefonato un addetto Amazon per propormi l'abbonamento a non so che cosa. Quando gli ho fatto notare che era un giorno di celebrazioni, poco adatto al consumismo, mi ha risposto: "Io sono fascista, la repubblica non la festeggio" e ha riattaccato. Così è da ieri che sto pensando a come comportarmi: denunciarlo oppure considerare l'esasperazione di chi lavora ai call center ed essere tollerante? Non mi piace fare la spia: è a sua volta un gesto fascista, ma spero che quel tipo si renda conto della gravità della cosa e se ne vergogni. La trattoria rustica col pavimento di graniglia, il vino che andava giù come spuma al cedro, la zuppa inglese fatta in casa, mi hanno poi pacificato. Tanto che alle tre e venti ero ancora a tavola, tentato di raccontare la bellezza, cosa che in effetti sto facendo ora. Al momento di pagare ho notato accanto alla cassa uno scaffale pieno di libri. La ragazza che mi ha servito, una ventenne con gli occhiali e i capelli corti, dall'aria intellettuale, che si chiama Valeria ed è la figlia della proprietaria, mi ha detto che lì fanno il book crossing, ma che di avventori che ne approfittano ne capitano pochi. Comunque i libri che abbiamo mica son tutti qui - ha aggiunto. C'è un magazzino pieno, dall'altra parte della strada. Lo vuol vedere? Mi sembrava brutto dir di no, la ragazza era entusiasta di trovare qualcuno che per una volta la assecondasse, e mi ha portato in un negozio che un tempo era una scarperia ed ora è un bazar di romanzi di Moravia, saggi di Arrigo Petacco, Almanacchi Topolino del 1970, numeri della Domenica del Corriere con le copertine illustrate da Achille Beltrame: memorie che lì han scaricato gli sgombrasoffitte. A quel punto è stata lei a trovare una morale: pare che in effetti ne sentisse il bisogno. Ha detto: Se leggessimo tutti quanti un po' di più avremmo la capacità di immedesimarci, stare dentro alle vite degli altri, e magari saremmo meno aggressivi. Trovi che siamo aggressivi? - le ho chiesto, e la testa mi è andata al centralinista di Amazon, e lei Certo, e anche feroci: i libri ci fanno evolvere ma non siamo disposti a fare quel sacrificio che all'inizio la lettura comporta. Finché non diventa un piacere, è una gran fatica. Ma dopo è tutta discesa. Il caso ha voluto che tra tutte quelle meraviglie ci fosse anche una mia sciocchezzuola - Il Gioco dell'allegria, tutto scolorito in copertina. Ah davvero lo ha scritto lei? - mi ha domandato la ragazza, e allora per premio m'ha regalato Utz, di Chatwin. Lì mi sono sentito il più felice dei piccoli scrittori.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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