Passa ai contenuti principali

La nostalgia dell'ospite

Poso la giacca sulla sedia della cucina, lei prepara il caffè. Siamo stati insieme una vita fa, non eravamo innocenti e non è il caso oggi di ricordare i nostri sotterfugi di un tempo. Mi ha telefonato per chiedermi di vederci ma, come è sua abitudine, senza farlo sembrare importante: Quando e se ne hai voglia - ha specificato. Le ricordo che non bevo caffè al pomeriggio, deve averlo dimenticato, me lo mette davanti lo stesso, Non fare il bambino, è solo mezza tazza - dice. Obbedisco, mi placo, e lei prende a raccontare. Sa che amo che mi si raccontino le cose, forse ho amato anche lei, dentro quella stagione adulterina che attraversammo, e allora è come se oggi m'innamorassi due volte, e per venti minuti. La prende alla lontana - Sono andata a vedere il film di Salvatores, in sala c'ero solo io, il proiezionista voleva andarsene, ho dovuto insistere. S'annuvola, mi versa altro caffè, la guardo male, ride. Poi continua - A casa, quando sono tornata, mi son caduti gli occhi su un canale Youtube dove un ragazzo mostra in video la spesa che ha fatto al supermercato: la tira fuori dalla shopper e dice che la sera mangerà la piadina col salmone, o che l'hamburger surgelato è buono come quello del macellaio. Non è che cucina, o dà delle ricette. Mostra la spesa e basta. Sai quanti follower ha? Seicentomila. Non trovi che si sia inceppato qualcosa? Comunque non è per questo che ti ho fatto venire. Le sorrido, così mostrandole che tutto il tempo che c'è dentro a quel giorno è per lei. A quel punto dice Federico mi ha lasciato venerdì, ha preso le cose che più gli servono ed è andato via. Vedi quell'appendiabiti? C'è ancora l'orma del suo cappotto. In giro ci sono i suoi libri. Quella stampa di Hopper, là, vicino al televisore, è sua. Tu che sei scrittore: com'è che si chiama questo dolore che scoppia all'improvviso? Mi viene di farle una cosa che le facevo un tempo: le sfioro gli occhi con le dita, le piaceva, si sentiva rassicurata. Poi ricordo che gli indigeni della Nuova Guinea quella cosa la chiamano Awumbuk, che è tipo la nostalgia dell'ospite appena se n'è andato. Glielo dico, e lei: Lo sapevo che c'era un antidoto: scrivilo, scrittore, e così questo vuoto sembrerà a tutti una finzione. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Niente per sempre

C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e  a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...

Primavera di vento

A Tarquinia c'è un albergo nascosto in mezzo alla pineta, non affaccia al mare, è l'albergo dei nostalgici, degli amanti e delle canzoni d'autore. Tira sempre vento quando ci vado, ma è il vento leggero del Tirreno che volta le pagine del libro che ho in testa assieme ai ricordi della giovinezza, mai finita e mai rinnegata. In una primavera di vent'anni fa, una primavera anch'essa di vento, ci arrivammo per caso, tu ed io, ragazza amorevole di un'altra vita. Dal litorale non si vede e se non sai che c'è è difficile trovarlo, e noi cercavamo una camera col balcone sulla spiaggia, per cantare un'altra volta il caso, divinità innamorata delle onde azzurre e dei fortunali. Cenammo invece a bordo piscina perché l'hotel segreto ci rapì, e il mare restò una voce di là dalla strada, una prospettiva per l'indomani, l'abisso dentro cui stavamo per cadere dopo quella notte di soprassalti. Ti presi e poi tu prendesti me e alla fine la stanchezza ci rese ...

Il numero settecento

Mi sono perso. Ho girato a vuoto per certe colline che credevo familiari, il gps non prendeva, nei paraggi nessuno a cui chiedere la strada. Cercavo una certa locanda che in una canzone del settantatré viene cantata come un posto di frontiera,  ero certo esistesse davvero, volevo vedere com'è fatta, che gente la frequenta. Quando stavo per darmi per vinto l'ho trovata. I posti come questo, di confine, io li amo, li eleggo a covili di creatività perché là dentro passano mille venti, centomila viaggiatori, e ogni vento e ognuno di quei viaggiatori ha una storia da raccontare, e a intrecciarle ne viene fuori una inedita che ha in sé tutte le intonazioni delle altre ma una stravaganza solamente sua. Quando finisce il giorno in quegli avamposti lontani arriva il silenzio, le voci smettono di bisticciarsi e io posso abitare una veranda con vista sui campi di girasole come fossi in Alabama, e provare a confessare in libertà quello che ho in testa.  Eccola, l'eucarestia  della sc...