Guardo una foto antica, i volti che sorridono attorno a un tavolo, una festa di compleanno. Sono tutti in maniche corte: è estate. Giocano la vita, ne hanno davanti un gran tratto, se anche ne perdono un poco che fa. Non sanno le canzoni di domani, non hanno visto i film che verranno, non dicono le parole che devono essere ancora inventate: sembrano meno contorti di noi. In Italia saltano le banche e scoppiano i treni, ma loro sono giovani, stanno per partire per il mare, non han familiarità col dolore, gli è passato accanto come uno che corra a piedi e non dia confidenza a chi sogna le vacanze. Tutta la sofferenza, l'affanno, il patimento dei giorni, son acqua atra che berranno a sorsi cauti quando l'alternativa sarà distruggersi. Ora no, ora sono leggeri, brindano a vino frizzante, scherzano lontano dai vecchi, parlano di politica e allora si fanno seri, indignati, votano Pci e magari ci fosse ancora, perché almeno potrei distinguerlo, tra questa melma. La sera guardano la tv fino a una cert'ora e poi escono, a rinfrescarsi di vento sulle panchine, a fumare sigarette d'erba, a intrecciare collane, a ragionare sui Jethro Tull, a scopare con chi ci sta e a dimenticarsi di dover morire. Tutto quello che di orrendo succederà non è ancora accaduto, non li ha traditi. Tutto quel che di bello sarà non li ha ancora raggiunti, non ha consumato lo stupore. Abitano la stagione più esaltante che io conosca, la più azzardata e oscena. Sono liberi, come i loro giornali, le vignette di Pino Zac che scamuffano il potere, gli ideali che il tempo frantumerà - ma loro non lo sanno e per questo sono liberi. Negli occhi che hanno, mentre soffio in ritardo sulle candele, leggo l'innocenza breve, quella che dura una stagione e nei ricordi una vita intera.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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