"Il letto di uno che sta per morire deve essere rigovernato con precisione aritmetica. La bardatura dev'essere di un colore che consoli - azzurro per esempio, o grigio chiaro, in modo da ricordare il cielo in primavera; la riversina non può piegarsi su se stessa per più di quindici centimetri o sembrerà sproporzionata rispetto alla parte del lenzuolo che resta distesa, e il cuscino non sia troppo elastico, così da sostenere la testa del malcapitato evitando che sprofondi. I muscoli del collo di un moribondo, infatti, sono laschi, e il corpo assumerebbe una postura goffa, scomposta, che renderebbe parodica la morte. La morte non deve mai sembrare qualcosa di differente da quello che è: un'ingiuria cui bisogna andare incontro compostamente". Tutte queste eccentricità e altre ancora mi raccontava stamattina Santoro, amico d'infanzia perduto per un tempo che credevo definitivo e poi ritrovato in un incastro di coincidenze stupefacenti, che tuttavia vi racconterò un'altra volta. Quel che stava cercando di dirmi, con quel ragionamento scentrato, era un bisogno di esattezza. Suo padre sta morendo e Santoro vorrebbe che fosse tutto perfetto, che nessuno dei tanti parenti che tra poco cominceranno a fargli visita possa sospettare che lui sia men che straziato. Quella giustezza, quel rigore, son ciò di cui ha bisogno per mostrare agli altri la propria disperazione. "A che serve esser disperati se non riesci a farlo capire con esattezza alla gente?" - mi ha chiesto, e io non ho saputo che diavolo rispondergli. Ho ripensato poi, andando via, alla mia, di disperazione, quando l'ho conosciuta. Forse non era abbastanza maligna, dato che non le ho mai costruito attorno, a forma di palco, nessuna perfezione. Sarà per quello che da un mese mi sono iscritto, senza sospettarne allora l'istinto perverso, a un corso di recitazione: per non farmi trovare impreparato la prossima volta.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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