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Dimmi per che cosa ridi

Lo chiamavamo dopopranzo, tutto attaccato, e non è che lo scrivessimo, suonava attaccato a pronunciarlo, e come tale, sgrammaticato, trent'anni dopo lo rivendico. Non ricordo chi fu il primo a inventare quel nome così soave - che del resto era anche una dimensione, una pausa filosofica; probabilmente uno dei vecchi di casa, un patriarca a cui il pranzo sì stava a cuore ma per il dopopranzo, per continuare ad abitarlo a quel modo tutta la vita, avrebbe fatto carte false. E ci teneva, quel vecchio a quell'intervallo perché là dentro si vuotava il sacco, ciascuno a suo modo; ciascuno a suo modo inorgogliva la realtà rendendola degna di essere svelata, e ascoltata, che poi è quello che fanno i narratori fin dalla preistoria. Una condivisione di contrattempi, ecco di che parlo, che a quel liquefarsi in storia collettiva s'istupidivano, s'annacquavano come il vino di certe osterie; e pure di circostanze comiche di conoscenti - circostanze involontarie, beninteso, altrimenti non ne avremmo riso - e di un certo cinismo nello sguardo che le rendeva apparentemente memorabili. Di tanto in tanto in effetti le rievocavamo per riderne ogni volta con l'ostinazione di chi ferma il tempo, e torna al primo giorno che ha sentito quella storia, ingannando la vecchiaia e le stagioni. Poi a un dato momento, non so mica che età avessi, per quanto mi riguarda ridere smise di essere un istinto e divenne un gesto, compiuto per non rompere la catena. Forse intingevo le noci nel miele - e doveva essere autunno, e capitò d'un martedì piovasco, grigio grigio - ma insomma: smisi di divertirmi, smisi di trovare esilaranti quelle faccende. Non era la reiterazione, le avrei trovate insipide anche a sentirle per la prima volta. Ne parlai a un'amica più grande, una confidente. Mi svelò che siamo quel di cui ridiamo e io le chiesi di spiegarsi meglio. Dimmi per che cosa ridi - disse allora, - e ti mostrerò la tua intelligenza. Quel giorno mi sembrò una cosa bislacca, poi col tempo ci ho ragionato: mica aveva tutti i torti. Più ridiamo di cose stupide, più ridiamo degli altri, più siamo sciocchi: gente a cui piacciono i comici in tv e crede che in giro non ci sia di meglio. E così vivendo si rovina tutti i dopopranzo che ha la fortuna di avere in sorte.

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