Ho intuito una cosa, mentre stanotte smaniavo per il caldo, forse una verità, forse una bugia che mi verrà utile per una storia: la vita che ci capita si adegua alla nostra indole, ne replica l'eccentricità. A patto che uno sia eccentrico, naturalmente, che è il posizionamento migliore che io conosca. A me, che temo e spero di esserlo, son capitate avventure che la mia natura ha attirato, corteggiato, tanto da farmi persuaso che niente accade per destino, ed è tutta un'attrazione, come il ferro per le calamite. Così le fughe rocambolesche dalle case tristi, la smania di abitare ogni due o tre anni in posti diversi per vedere se l'ultimo è quello giusto, l'ostinazione a vivere di parole sperando che vengano rispettate di più e che i cantori del nulla siano zittiti, una buona volta, gli amori in burrasca e la solitudine recitata con la ridicola fierezza dell'artista, sono gesti e sentimenti che evocano trionfi e tragedie, un luna park di giorni mirabolanti senza soluzione di continuità. Ho impresso a fuoco, come il marchio sui culi delle mucche, nelle praterie d'America, la sera che mia moglie urlava di dolore, colle metastasi ovunque, nel vestibolo dove certi medici di turno la visitarono, e mentre la visitavano parlavano di andare a cena, e si corteggiavano l'un l'altra. Ho in testa, indelebile, il 28 settembre - quando ti ho vista per la prima volta - e il viaggio in Sicilia, dì lì a una settimana: non tanto per il tour quanto perché già sapevo che il nostro avvenire sarebbe stato difficile e grandioso. E questi due eventi - l'abisso senza fondo e l'euforia da immortale - li ho vissuti poiché son venuti loro a cercarmi. Mi avrebbero schivato, se fossi un uomo meno estremo, capace di accontentarsi delle cose di cui si accontentano tutti, dei confini ordinari, delle compagnie rudimentali, delle canzoni stupide. Invece hanno voluto a tutti i costi far parte della mia vita - loro due e cento altri, che un'altra volta racconterò ma che in realtà già cento volte ho raccontato: - una specie di selezione, di confezionamento di abiti su misura. Si vede, a volerci trovare un senso, che disastri e trionfi così perfetti vanno d'accordo solo con gente dalla irrequietezza molesta come la mia.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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