Un amico mi ha raccontato un sogno, o forse una speranza. Capita ogni tanto che qualcuno - conoscendo il mio debole per le storie ben architettate - mi metta a parte di qualche suo segreto, pensando, bontà sua, che io sia la persona più giusta a cui rivolgersi, come l'otorino se ti fanno male le orecchie o il cardiologo se soffri per amore. In realtà il narratore è un otre bucato: questo i miei amici lo sanno. Così, nel momento in cui mi svelano qualcosa di intimo, scabroso, automaticamente mi stan chiedendo di divulgarlo, di amplificare la loro voce. E allora li accontento, procediamo. Capitò un paio di settimane fa, dopo mezzanotte. Quell'amico mi aveva chiamato nel pomeriggio, aveva detto Ti va se andiamo a mangiarci una cosa?, e per digerire poi abbiam camminato tutta la città. In giro c'era ancora frenesia, la fontana di piazza dei Priori singhiozzava come quella di Palazzeschi ed eravamo entrambi titolari di una compiuta serenità. A un certo punto, dopo aver parlato di calcio e di gioventù, è arrivato al dunque. Ha detto che lui se lo prefigurava in un certo modo, l'aldilà. O meglio: se lo augurava. L'aldilà? - gli ho ripetuto io, e lui Certo, tu non ci pensi mai? Aveva appunto sognato - o sperato, non so quanta differenza faccia - che dio gli si presentava a casa nei panni di un testimone di Geova e gli offriva una scelta. Una scelta? - ripetei ancora, intorpidito dal vino. La smetti di farmi l'eco? - aveva sbraitato, ridendo. - Una scelta, sì. Sta' a sentire, e s'era liberato tutto assieme di quella faccenda buffa. Dio gli aveva offerto l'eternità in cambio del dubbio, gli aveva detto: Ti libero del dubbio che io non esista e in cambio ti offro un'eternità prigioniera. Scegli una stanza di una casa della tua vita, una stanza in cui sei stato felice, o dentro la quale hai ricordi possenti. Starai là dentro per sempre, senza poter mai uscire, e se vuoi potrai rivivere in loop tutte le stagioni che l'hanno attraversata, e ospitarci, ignara, tutta la gente di una volta. Lì lo interruppi, mi intromisi: Sei sicuro che dio abbia detto "in loop"? ma non mi stava già più a sentire, tutto contento di quel mistero che mi regalava, sperando mi venisse buono per una storia delle mie, strampalata.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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