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Alien

 

Tra un milione di anni qualcuno con occhi più acuti dei nostri guarderà la terra e vedrà le cose per cui ci siamo tanto dannati morte lì, in un angolo. Passerà un'astronave e farà un rumore di soffio, come di capelli sfilati dal pettine, e lo spostamento d'aria le farà ravvivare - dopo tutto quel gran tempo immobile - come le scaglie di fuoco sotto la cenere. Prima dell'estinzione un uomo di buon cuore, con le  forze che restano e una scopa gigante, le avrà radunate assieme, per fare un po' d'ordine, e sarà stato quello, finalmente, l'ultimo gesto dell'umanità. Là nel cantone, gli occhi marziani faranno caso alle bugie, alle imposture, ai giochi di potere della gente comune, più che alle atrocità della storia: avranno quell'istinto esatto. Vedranno quando mi hai tradito, amore, e hai passato il fine settimana con un uomo che non ero io. Vedranno quando mi hai deriso, padre, davanti agli amici in combriccola. Vedranno quando mi hai elogiato, amico, perché ti serviva uno che ci mettesse la faccia. E poi troveranno ammucchiati alla rinfusa miliardi di numeri: tutti i Pin delle scuse senza pentimento, dei saluti non ricambiati, delle scorciatoie per una visita col primario, della cattiveria degli impiegati agli sportelli. Proveranno a indovinarne la combinazione, per scoperchiare il senso della stupidità, ma è il mistero più grande e neanche loro - civiltà progredita - sapranno venirne a capo. Tutte le passioni saranno lì accanto, in contenitori appositi, chiusi ermeticamente come capsule del tempo. Le riconosceranno perché sopra ci sarà scritto Competizione: così quegli esserini intuiranno che abbiamo amato qualcosa - le vacanze, lo sport, i libri, i quadri, le donne e gli uomini - solo per potercene vantare, per poter dire a qualcuno Ne so più di te. Si faranno delle gran risate alle nostre spalle, con le loro quattordici labbra repellenti. E alla fine nemmeno potremo rispondergli per le rime, e fargli notare che certi di noi - i più sciocchi, gli illusi, gli aviatori, i disadattati - a quelle scempiaggini scritte dentro le canzoni, allo strazio dei poeti, ci avevano creduto davvero.

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Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Tre circostanze fortunate

Tu adesso chiudi gli occhi che io ti do un bacio. Chiudi gli occhi perché il bacio non devi vederlo arrivare, devi fare in modo che l'attesa sia una fitta dentro al petto, che la mia bocca s'aggrappi alla tua quando non ci contavi più, quando pensi che me ne sono andato e t'ho lasciata là, ingannata e cieca. Mentre aspetti il tempo ti sembrerà differente - il tempo dell'attesa di un bacio sfugge alla gabbia consueta - e se alla fine ti chiedessero di contarlo dovresti fare come i bambini, con le dita, e sarebbe lo stesso un inganno. Non è una questione di età, io ho la mia e tu la tua, non siamo alle prime armi. Ma anche la tenerezza - perché è di questo che stiamo parlando - muove con un tempo tutto strano, asincrono, ed è la stessa di quando avevamo vent'anni - tu più di recente - rinvigorita però dall'autostima, che alla giovinezza non si addice. Poi vorrei tenerti addosso, come in quella canzone di Paoli, stringerti alla mia camicia bianca e dirti che probab

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia