Passa ai contenuti principali

La pace armata

 

Ieri ero a Cortona, a registrare un programma per la radio sulla mostra di Luca Signorelli al museo diocesano, e a un certo punto mi sono perso. Volontariamente, dico: ho lasciato che i piedi andassero per conto loro, e gli occhi si posassero a volontà sui bazar ricavati negli antri di pietra, colla merce esposta fin per strada, in festosa tentazione di sperpero. Borse di cuoio, stampe della città, portachiavi con l'effige del cinghiale - che qui pare sia una bestiola portafortuna: - avrei comprato di tutto, senza pentirmene. Alle due passate, in trattoria, ho sfogliato il giornale saltando come in quella canzone di Concato le notizie che fanno male, e tutti gli articoli compiacenti con gli uomini di potere. Gli uomini di potere in posti così graziosi non dovrebbero farceli entrare, nemmeno sulla stampa: sono fuori contesto. Il proprietario del ristoro, un signore sui settanta, i capelli bianchi fermati all'indietro con la brillantina, porgendomi un piatto di verdure all'agro ha confessato di essere di Firenze, ha chiesto a me di dove fossi e quando gli ho detto Narni ha risposto La mi' prima morosa era di quelle parti; do noia se le racconto il guaio che 'ombinai? Un attimo dopo s'è presentato col vinsanto e quattro cantucci al cioccolato, per intingerceli dentro, e siamo rimasti a chiacchierare un po' di quella sua antica ragazza, e perfino di quanti gran bei posti ci siano in Italia e di quanto talora facciamo di tutto per dimenticarlo. Sta di fatto che una volta fuori di lì, per un'oretta, ho ragionato in toscano: avevo la sua voce flautata nelle orecchie. A uno svicolo d'asfalto, più verso il vescovado e proprio quando stavo per far fagotto, mi si è spalancata agli occhi la bottega di Vincenzo Martini, talentuoso pittore umbro che ritrae fraticelli, mongolfiere, neve, monasteri e funamboli, e di cui vidi una volta i quadri su Facebook, innamorandomene. Era il mio giorno fortunato: l'artista stava lì a creare la base di un trittico natalizio. Ho scambiato qualche parola anche con lui, gli ho dichiarato la mia ammirazione e chiesto il prezzo di un tabernacolino dipinto. Mi ha risposto, enigmaticamente Quando deciderà di comprarlo, glielo dirò. Ho anche promesso che gli avrei fatto un po' di pubblicità, e mantengo: cercate la sua pagina sui social e rifatevi gli occhi, il senso estetico e il cuore. Poi sono andato via, ed è stata una delle poche volte che non avrei voluto. La E45, il confine tra le regioni, la striscia d'asfalto verso casa: tutto era buio e malinconico, e nonostante questo ero in pace. A modo mio, si capisce, un modo eccentrico e incomprensibile a tanti. Una pace armata coi fantasmi. Però ognuno ha un suo modo, di ritrovare la quiete, e del mio in tutta onestà non posso davvero lamentarmi.

Commenti

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Tre circostanze fortunate

Tu adesso chiudi gli occhi che io ti do un bacio. Chiudi gli occhi perché il bacio non devi vederlo arrivare, devi fare in modo che l'attesa sia una fitta dentro al petto, che la mia bocca s'aggrappi alla tua quando non ci contavi più, quando pensi che me ne sono andato e t'ho lasciata là, ingannata e cieca. Mentre aspetti il tempo ti sembrerà differente - il tempo dell'attesa di un bacio sfugge alla gabbia consueta - e se alla fine ti chiedessero di contarlo dovresti fare come i bambini, con le dita, e sarebbe lo stesso un inganno. Non è una questione di età, io ho la mia e tu la tua, non siamo alle prime armi. Ma anche la tenerezza - perché è di questo che stiamo parlando - muove con un tempo tutto strano, asincrono, ed è la stessa di quando avevamo vent'anni - tu più di recente - rinvigorita però dall'autostima, che alla giovinezza non si addice. Poi vorrei tenerti addosso, come in quella canzone di Paoli, stringerti alla mia camicia bianca e dirti che probab

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia