C'è dunque questa prospettiva non trascurabile che si canti per il perdono. Che si manifesti un qualche estro, un'arte anche di seconda mano, perché qualcuno ci condoni le alzate d'ingegno, e tutte le eversioni. Mi piace assai l'idea che quel che mi fa scrivere sia il bisogno di una questua, l'elemosina di un'amnistia. Io scrivo cioè non solo per divertimento, per vanto, ma perché la scrittura è moneta di scambio: che idea fenomenale. Scrivo per tornare innocente e perché a dio - ecco chi è quel qualcuno, in qualsiasi forma lo immaginiate - piace la vitalità degli uomini, quella creatività che li fa teneri e tracotanti. E allora scriviamo, e allora cantiamo, e alziamoci dal nostro posto e balliamo il tango, e allora viaggiamo con la fotocamera al collo per l'Andalusia, e facciamo l'amore a volontà - che pure lui è gran arte - perché i sedentari, gli astinenti, ingrassano e credono solo alla televisione. Il canto per redimere i peccati è quanto di più umano - da uomini - potevamo inventarci, e un'ottima scusa ogni volta che ci sentiamo sfocati e vogliam tornare a essere nitidi. Ci credevano anche gli indiani d'America a questa faccenda, che la poesia avesse quest'anima nobile e fosse l'unico modo per far pace con chi avevi offeso - una forza più grande di te, un'energia ancestrale. O anche - in senso orizzontale - il capo tribù, o tuo padre, tuo suocero, la tua ragazza. Tu andavi davanti a loro e ti esibivi. E se gli smuovevi qualcosa dentro c'era pure la possibilità che ti dicessero E va bene, per stavolta passi: m'hai fatto piangere, figlio d'una mula. Ora non so se i Navajo o i Sioux si esprimevano in modo così terra terra ma il senso resta. Tanto che il maestro Branduardi, nel 1977, ci compose su questa intuizione niente male diventata leggenda una ballata perfetta, di grazia intoccabile. Lì un uomo schiacciava una serpe verde, e poi una mosca d'autunno, e la pulce d'acqua - simbolo della natura offesa - per punirlo gli rubava l'ombra - che poi era l'anima - e lui nudo e crudo si ammalava. Però se avesse cantato - ma a lungo, fino a perdere il fiato, e con la passione necessaria - magari la pulce d'acqua ci avrebbe ripensato e gliel'avrebbe restituita, guarendolo. Ne discende, stringi stringi, che il riscatto che andiamo cercando lo otterremo solo in cambio di un'audizione coi fiocchi.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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