Passa ai contenuti principali

La parola più importante al mondo

 
C'è un sentimento che fa bene e male insieme, che allegra e avvilisce, e nella fattispecie diventa materia viva di narrazione. Lo hanno battezzato con un nome bellissimo, e come gran parte delle parole bellissime ha un'origine greca. Dev'essere andata così: qualcuno, tremila anni fa, navigando, s'è spinto troppo lontano da casa, lontano più di quanto avesse mai fatto, magari inseguendo a pelo d'acqua un branco di acciughe dispettose, o che so io. E - c'è il caso nella stessa antichità - un altro, vagabondando a piedi, s'è invece addentrato in certe foreste tropicali dalle tentazioni lussureggianti, piene di scimmie e tucani, serpenti grossi come gomene, tarantole nere e unicorni bianchi. E là, in mezzo al viaggio inaspettato, al cospetto di un mare senza più sponde e di una giungla senza vie d'uscita, quell'uno e quell'altro, mi ci gioco la testa, si sono sentiti vivi. Per la prima volta da che erano al mondo hanno intuito che la sfrontatezza è una buona unità di misura dell'esistenza, e che la felicità di tanto in tanto è fare i conti col pericolo. Quel sospetto gli è esploso in cuore, è stato come un'evoluzione cui necessiterebbero secoli che si manifesta in una sola stagione. Dopo, mentre tornavano a casa con la pelle divenuta cuoio per il troppo sole e i tagli cicatrizzati delle bromelie, lo han fatto divagando, trovando mille scuse per allungare il viaggio, per sostare una notte a una locanda di malfattori, col rischio di far ammutinare quelli che s'erano portati appresso. Una volta rimpatriati, o quando erano ancora a mollo nel mistero, avran pensato che era il caso di darle un nome, a quella sensazione sconcia, a quella smania di intrepidità. Han capito, ci scommetto, che avevan voglia di tornare dalle mogli, e si accorsero che saperle dall'altra parte dell'alba li addolorava. Ma nel medesimo istante han compreso che il ritorno era la stessa cosa: una sofferenza, perché finiva l'avventura, moriva la meraviglia. Così devono aver mischiato tutte queste ferite nella cassapanca dell'anima e in capo a una notte insonne, al principio del mattino, mentre i profili delle case che li aspettavano riapparivano in fondo alla nebbia, hanno inventato una parola fantastica per quella contraddizione: nostalgia. Ecco il nome bellissimo. Che è il dolore del ritorno, insieme conforto e rammarico, gioia e mutilazione. Da allora quella parola è la più importante al mondo, io sospetto, perché descrive con una dolcezza senza pari la natura degli uomini. O almeno di coloro tra noi che stanno sempre in bilico tra quiete e rivoluzione.

Commenti

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Tre circostanze fortunate

Tu adesso chiudi gli occhi che io ti do un bacio. Chiudi gli occhi perché il bacio non devi vederlo arrivare, devi fare in modo che l'attesa sia una fitta dentro al petto, che la mia bocca s'aggrappi alla tua quando non ci contavi più, quando pensi che me ne sono andato e t'ho lasciata là, ingannata e cieca. Mentre aspetti il tempo ti sembrerà differente - il tempo dell'attesa di un bacio sfugge alla gabbia consueta - e se alla fine ti chiedessero di contarlo dovresti fare come i bambini, con le dita, e sarebbe lo stesso un inganno. Non è una questione di età, io ho la mia e tu la tua, non siamo alle prime armi. Ma anche la tenerezza - perché è di questo che stiamo parlando - muove con un tempo tutto strano, asincrono, ed è la stessa di quando avevamo vent'anni - tu più di recente - rinvigorita però dall'autostima, che alla giovinezza non si addice. Poi vorrei tenerti addosso, come in quella canzone di Paoli, stringerti alla mia camicia bianca e dirti che probab

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia