Salgo lassù vergognandomi un poco di me, e della mia grossolana imperfezione. Ma salgo lassù perché intuisco che solo lassù, tra tutti i posti sacri e solenni, la mia imperfezione è accolta senza esser giudicata, senza avemarie da recitare in penitenza. Tant'è che quando ridiscendo non sono stato perdonato e non sono un uomo migliore - non è di queste cose che vado in cerca - ma sono in pace. Non so come spiegarvi meglio: il bosco, la quercia antica, il refettorio, il cortile col pozzo, l'arrampicata sui gradoni fino alla fenditura nella roccia - lo speco di Narni, come lo chiamavano gli antichi, e a me piace mantenere il battesimo, - la lavanda preparata dai frati e la cassettina delle offerte, son tutte cose che hanno una grazia non scontrosa, una natura limpida: sono quel che sembrano, nient'altro. Questa clarità - e scusate se il termine vi suona vecchio, ma è la parola che meglio riassume Francesco, quello santo naturalmente, non il narratore - mi leviga come il vento quando soffia dal mare; qui ho visto atei diventare credenti, almeno per il tempo della visita: un'oretta, a esser presciolosi. Ieri ci sono tornato in bermuda bianchi, camicia blu e coi fantasmini ai piedi, quasi festoso, convinto per un pomeriggio che i guai, tutti, perfino quelli cattivi, siano cose passeggere e la felicità a un certo punto arriverà e durerà per sempre. E così ragionando ho espresso un desiderio, perché quelli sì che puoi sillabarli dal cuore, purché siano umili e decorosi. Allora: ho desiderato che la mia vita per come ora si è messa - dopo stagioni furenti, assetate di senso - nessuno la tocchi. Né il padreterno né il diavolo - e pazienza se si sentiranno chiamati in causa. I sentimenti adesso sono espliciti, le volontà manifeste, tutto si illumina, da ombroso che era, tutto canta. Sì, è vero, a voler essere cavillosi avrei bisogno di un buon elettricista e di uno scrupoloso imbianchino per la mia casa vecchia e nuova, e sono merce rara, a quanto pare. Ma per trovare quelli me la caverò da me, anche se detesto fare telefonate imploranti ai guru della ristrutturazione. Per il resto, nessuno tocchi nulla: è una specie di preghiera al contrario, fatta non per ottenere ma per mantenere. Come diceva una vecchia canzone: speriamo che il destino cieco segua un altro cantiere. Il mio è bello che arredato, finalmente.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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