Quando avevo otto anni Pietro mi proibì di andare fino all'osteria di Gualtiero, in fondo a via della Pigna, perché là fuori secondo lui sostavano bestemmiando i perditempo, gli ubriaconi, e tutti gli sfaccendati di Narni si davano convegno per parlar brutalmente di donne. Così io, pur abitando a cento metri da quella roccaforte di peccatori, la vedevo come un confine invalicabile, colonne d'Ercole in mezzo ai vicoli, a portata di mano eppure remote come fossero nelle terre d'Oriente. Fino al giorno in cui il pallone rotolò da quelle parti e nessuno ebbe voglia di andarlo a riprendere. Così toccò a me, che ero il più piccolo della combriccola. Non dissi a quei prepotenti che mio padre non voleva mi avventurassi fin là, ci andai e basta, e a quel che mi ricordo fu la prima trasgressione della mia vita. Questa esperenziella da quattro e un soldo mi è tornata in mente ora, che le discussioni tra vaccinisti e non vaccinisti sono feroci e chi ha meno argomenti - a onor del vero - mi sembra strilli più forte. Resta inteso che questa piccola riflessione può avere un senso in merito a qualunque altra avventura umana. Faccio qualche esempio. Pensate, per cominciare, se in macchina ci proibissero di andare a meno di novanta chilometri l'ora. Una mattina ci alziamo e c'è una legge che ci impone di andare forte, di non frenare, di non rallentare. In città, sulle provinciali, ovunque. Io ci scommetto la testa che per fare i bastian contrari guideremmo tutti come lumache. Oppure sentite quest'altra: un'altra mattina - immaginiamo sia domenica, ché hanno avuto tutto il sabato pomeriggio per pensarci - un decreto stabilisce che sotto a trent'anni è vietato leggere libri. Non solo Stendhal, o Balzac, ma perfino D'Avenia, la Mazzantini e Baricco. Vi immaginate le legioni di ragazzi che - non avendo fino a quel momento aperto un libro neanche per vedere se dentro ci fosse finita un po' d'erba - si accapiglierebbero per entrare nelle biblioteche, nelle indipendenti siracusane - dove ho ricordi dolcissimi di presentazioni dei miei - e alle fiere della piccola e media editoria? Insomma, che voglio dire. Voglio dire che la proibizione potrebbe funzionare. Fungere da meccanismo di civiltà. Forse non bisogna proibire gli eccessi, o i piaceri, ma gli atteggiamenti di buon senso, la cultura, la civiltà. Di modo che Vietato differenziare i rifiuti o ancora Obbligatorio disperdere fumi nocivi ci porterebbe ad avere un mondo più pulito nel giro di un paio di generazioni. Così come Vietato vaccinarsi ci farebbe probabilmente vincere in un batter d'occhi la guerra contro il morbo.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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