Passa ai contenuti principali

Padri e figlie

 

Ho allevato mia figlia all'aperto, a terra e senza mangimi chimici. Le ho seminato il percorso di cose che io trovo strabilianti, e lei senza darlo a vedere le ha raccolte, e queste sono le conseguenze: malinconie a tutto spiano. Lo sapevo che sarebbe andata così, ma non ho saputo trattenermi. Lo sapevo che il prezzo di tutte quelle inutili, cervellotiche opere monumentali sarebbe stato un disamore verso il prossimo, una diffidenza costante, ostinata, e - lo stesso - non ho fatto nulla per impedire che accadesse. Perché quando ti innamori degli artisti non hai più tempo per i comuni mortali, tutti ti sembrano spaventosamente insignificanti. Ero malato di questo male anch'io, di questo disprezzo, e ora sono guarito, ora m'intingo nel mondo e ne trovo sollievo, e mi confortano gli amici, e le compagnie occasionali, e perfino sbicchierare a ore piccole, qualche volta, reca con sé una felicità non trascurabile. Adesso tocca a lei: devo suggerirle il percorso inverso, il ritorno alla socialità. Un'estate andammo tutti i giorni a giocare a basket, in un campetto di viale Trento. Lei tirava da tre come Bob Morse, io come Francesco Franceschini. E a parte questo, tra un massacro e l'altro le raccontavo di sua madre che suonava De Gregori, e lei voleva che le parlassi di Caterina, Pablo e Bufalo Bill; e poi di quando da ragazzo feci mattina a guardare uno dietro l'altro tre film di Billy Wilder, e lei chiese se era più bello Irma la dolce, Fedora o L'appartamento. Una sera che andò via la corrente e sua madre era già morta accesi una candela e feci un po' di scena. Attaccai dentro casa il filo di plastica dei panni, ci poggiai sopra una coperta pesante e improvvisai il palco di un teatro. Lei rideva, e poi si fece tutta orecchi quando le recitai, leggendolo, L'uomo dal fiore in bocca. Che scervellato, che scimunito. Invece di crescerla a talk show e pop americano le ho iniettato quei vaccini micidiali: uccidono la stupidità ma anche un po' l'ospite, lo fanno sospettoso dell'umanità. Adesso, di tanto in tanto, le propongo un film ignobile, per riequilibrare le cose, la sua anima. Mi guarda sbigottita, pensa che stia scherzando. Saltabecca tra i libri, tira fuori il Canzoniere di Saba e mi domanda per la ventesima volta se il poeta ci faceva o c'era a paragonare la moglie agli animali domestici. Non è che non ha capito che è la poesia d'amore più bella che io conosca: è che tutta quella purezza bestiale riferita a una persona le pare improbabile. Così continuo a lavorarci, e a rammaricarmi di tutta la pedagogia discutibile che le ho riservato.





Commenti

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia

Zoe

Il giorno della morte di Silvio Berlusconi mi arriva un messaggio sulla chat di Facebook: Ciao, hai visto che anche lui se n'è andato? e così mentre il cuore salta un paio di battiti mi ritrovo a Montalto di Castro, è il 1983, ho sedici anni. Eravamo partiti in due ma l'amico che venne con me faceva le sei del mattino in discoteca e poi dormiva tutto il giorno, cosicché me ne andavo a spasso per conto mio, in bici, per capire un po' meglio che bestia fosse la libertà. Per inciso confesso che dopo quarant'anni devo ancora scoprirlo: l'ho sentita pronunciare da così tante lingue biforcute, quella parola tronca, che mi si sono confuse le idee. Certi scrittori di cui ho venerazione giurano che esser liberi significa non sapere mai per certo cosa voglia dire: se così è allora sono libero, e tanti saluti. E a parte questo, quell'estate fu maestosa. Di primo pomeriggio guardavo Mister Fantasy - coi videoclip di Madonna e dei Frankie goes to Hollywood, e dev'essere