Il dieci dicembre del 2020 scendo le scale di una clinica privata cittadina e arrivo in un seminterrato per fare un'ecografia addominale. In quel momento non lo so ancora ma ho appena varcato le porte dell'inferno. L'ecografista mi riconosce dalla voce: mi ascolta spesso in radio. Poi mi sdraia sul lettino, mi spalma il gel e comincia a pattinare sulla mia pancia. Alla fine dell'esame mi suggerisce una risonanza magnetica con mezzo di contrasto. C'è una zona del pancreas che risulta più grigia, merita approfondimento - dice. Gli chiedo che significa una zona più grigia e lui resta sul vago: Faccia la risonanza, per escludere qualunque dubbio. Per qualsiasi cosa sono qui. Guido fino a casa in stato confusionale. Comincio a cercare in rete cos'è la zona ipoecogena che è scritta nel referto. Trovo subito cancro pancreatico. Non posso cedere alla disperazione, devo avere un altro parere. Passo tuttavia quattro giorni di angoscia mascherata. Il quattordici dicembre faccio un'altra ecografia da un secondo luminare. Esclude danni al pancreas e sembra sicuro di sé ma ormai la pulce si è infilata nell'orecchio, e non se ne vuole andare. Uno o due giorni dopo comincio ad avere problemi alle vie urinarie, la cui manifestazione più fastidiosa è un bisogno continuo di far pipì. Consulto un'urologa che a fronte di una prestazione senza fattura mi prescrive antibiotici che si rivelano del tutto inutili e una cistografia vescicale. Il panico aumenta. Prendo tempo, sperando che i disturbi passino. Intanto mi intossico di antinfiammatori, probiotici, e navigo in rete come un pazzo, e ovunque trovo sentenze di mali terribili. Continuo a lavorare, a scrivere. Ma la paura è il sentimento che divora tutti gli altri. Le feste di Natale sono orribili. Il cinque gennaio del 2021 faccio finalmente la risonanza. Mezz'ora dentro un tunnel, con il naso che mi prude da morire e non posso muovermi. Il giorno dopo arriva il risultato: il pancreas è sano. E più o meno anche tutto il resto. I disturbi urinari però aumentano. Faccio le analisi del sangue, delle urine e dello sperma. Le ripeto tutte tre volte. Vado da un altro urologo, che minimizza. Fitte ai testicoli, dolore al pube, sono i miei compagni di viaggio tutti i giorni. Certe mattine non riesco a camminare, ho dolori alla schiena, alle gambe. Altri farmaci presi per disperazione, un po' a caso. Insonnia e dermatite atopica completano il quadro. Tento l'ultima carta: un terzo urologo, che mi rassicuri o mi condanni. Ci sono andato ieri: due marzo 2021. Sorridente, scrupoloso, esatto. Finalmente. Pare che non ci sia niente che non vada nei miei organi. A parte una valanga di stress. E così, per colpe mie e altrui, ho sprecato tre mesi di vita, che solo ora ho trovato il coraggio di raccontare. Ma la porta dell'inferno si apre anche dall'altra parte. Dalla parte del paradiso.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
Mi dispiace. Anche perché c'era stato il precedente di Pietro. Ti capisco. Ho passato giorni simili a fine settembre. E, adesso, causa Covid, se sei ricoverato, sei assolutamente solo e le notizie, buone o cattive, te le becchi te per primo, senza poterle stemperare con chi ti sta vicino. Ma le nostre spalle sono larghe...
RispondiEliminaMolto larghe, Andrea. Venderemo cara la pelle. Grazie.
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