La malinconia leggera e la tristezza molesta: cosa posso fare quando arrivano assieme, mi pigliano sottobraccio - una per parte - e mi accompagnano ovunque vada? Sono sorelle, nascono dalla schiuma dei giorni ma non sono malvage fino in fondo. Le incoraggia il freddo, il cielo spento, le macchine che passano sotto le mie finestre senza fermarsi, e chissà dove vanno, e da chi. Le infiamma, come un foruncolo stuzzicato, la memoria, che è un muro incrollabile: son caduti tutti da Berlino in poi. Lei no. Vorrei non avere memoria, vorrebbe dire non avere nostalgie, vivere sciocco e felice. E invece la memoria, che è il motore di ogni santa inquisizione dei ricordi - non conosco eretici più empi di loro - ha queste controindicazioni: può indurre intorpidimento, assuefazione, allucinazioni. Ho cercato di disinnescare la nostalgia, ne ho parlato agli amici ridicolizzandola, come quando si spettegola su qualcuno che non c'è. Mi sono liberato degli oggetti che potevano evocarla ma lei non ha bisogno di cose, vive di vita propria, sopravvive nel deserto, non ha mai sete e asseta, non ha mai fame e affama. Così oggi, tra le quattro e le cinque del pomeriggio, malinconia e tristezza hanno suonato il campanello, pensavo fosse mia figlia, o mio padre che diceva Ci hai creduto che ero morto, eh? Che scherzo da prete... e invece erano quelle due lestofanti. Avrei voluto tenerle fuori ma una - la malinconia, che è più subdola - ha messo un piede in mezzo alla porta e sono entrate. Mi han fatto compagnia mentre leggevo le ultime pagine de Il diavolo e l'acqua scura, e scoprivo l'intrigo. Mentre la tisana allo zenzero si infondeva nell'acqua bollente, l'acqua si colorava e la bustina si raggrinziva. Mentre su Rai3 mandavano un servizio sui mansi delle colline venete. Mentre lavavo i piedi in equilibrio sul bidet. Mentre cercavo di indovinare la parola che sposa tutte le altre, alla ghigliottina. Stavano là sul divano, come fosse casa loro, e mi studiavano, mi assorbivano. A sera è tornato un poco di sereno, senza che lo cercassi, come senza ragioni feroci erano arrivate quelle due scombinate. Conviverci, allora, senza far drammi, senza disperazione, è la soluzione migliore. Dopo un po' si stancano, e se ne vanno per i fatti loro.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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