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Le occasioni

La settimana scorsa ho comprato una stufa elettrica su Amazon e ieri me l'hanno portata a casa. Il corriere era una ragazza e aveva un'aria familiare. Quando mi ha detto Non c'è bisogno che firmi, prof: posso farlo io per lei l'ho riconosciuta: era una mia ex allieva. A distanza di sicurezza, le mascherine correttamente indossate, ci siamo fermati a parlare un po'. Prima le informazioni superficiali - la pioggia, il freddo arrivato in anticipo, la necessità delle gomme termiche per le strade di montagna - e poi lei ha preso a ricordare le mie lezioni, e che eravamo proprio giovani: lei una ragazzina, io un professore entusiasta, di primo pelo. Sarà stato vent'anni fa - ho osservato, e lei E chi se lo scorda? Non tanto per le poesie e i romanzi, che mi sono sembrati sempre indigesti, ma per una cosa che una volta le sentii dire, e che con fatica ho messo in pratica. A quel punto mi sono piazzato, tutto orecchi, sull'ultima scala della rampa condominiale. La mia amica si è seduta sul cofano del furgoncino, ha detto di avere appena due minuti di tempo prima di un'altra consegna e che perciò non la interrompessi: è sempre stata una tipa dai modi spicci, ma leale. Pare che in classe, una volta, parlai delle occasioni e dell'attesa. Del fatto cioè che a volte scartiamo le occasioni che arrivano - professionali, sentimentali - perché ne aspettiamo altre migliori. Con il rischio concreto che quelle più gratificanti non si presentino mai, e allora viviamo tutta la vita in un deserto dei Tartari. Buzzati è l'unico scrittore che mi ricordo - ha confessato: - ci aveva preso, con quel ragionamento sull'aspettare e sul rimandare. Risalendo in macchina mi ha raccontato che tutti - la famiglia, il marito - le dicevano che quel lavoro di consegne a domicilio non faceva per lei, che avrebbe dovuto aver pazienza, e contare su un'altra occasione. Ma aveva fatto di testa sua, guadagnava quanto le bastava per non dipendere da nessuno e sostanzialmente era felice. Dovrei forse invecchiare nella speranza di un'eventualità che non arriverà mai? - mi ha domandato. E poi mi ha sorriso, ha detto, come mi conoscesse intimamente: Ciao scrittore, ricordati che aspettare è un po' rinunciare, ed è ridiscesa a valle col suo carico di cose da recapitare.

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