Passa ai contenuti principali

Flok!

Quando io avevo nove anni l'America non era ancora una nazione. I coloni combattevano contro gli inglesi, assaltavano i brigantini di sua maestà, tendevano imboscate nella foresta. Nella stanza di passaggio che fu camera mia per qualche tempo i colpi di cannone scuotevano le pareti, i fucili Pennsylvania - trappole dal colpo singolo - facevano Pam! e dopo ci voleva un sacco di tempo per ricaricarli, e dalla tua sveltezza passava la differenza tra la vita e la morte. Sulle rive del lago Ontario un ragazzo col cappello di pelliccia aveva arruolato un manipolo di contadini e bottegai formando l'esercito dei lupi. I lupi dell'Ontario, per l'appunto. Le loro avventure le portava a casa una volta al mese Gastone. Lavorava a Roma, alle Assicurazioni Generali. Come usciva dall'ufficio, in attesa del treno gironzolava per la stazione Termini e gli occhi gli cadevano sulle copertine a colori delle edicole. Il Comandante Mark - il ragazzo dal cappello di pelo - un giorno lo innamorò. Il viaggio di ritorno, nello scompartimento dove ancora non era vietato fumare, filava via liscio perfino quando il treno si fermava sotto le gallerie, perché Gastone sognava. Girava le pagine, guardava le vignette sottosopra, e così ne scopriva i dettagli: il corno per la polvere da sparo, i tomawak dei Fox sul piede di guerra, il ghigno storto delle spie. Dimenticava di essere un musicista, di essere imbevuto di cultura alta, di saper suonare in modo strabiliante Bach e Beethoven e si beava di quelle figurette avventurose, da bambini. Quando arrivava da noi aveva letto tutta la storia ma non la anticipava. Ricominciava a leggerla con me accanto come fosse la prima volta anche per lui, faceva le voci, e rideva quando Flok - alla fine di ogni impresa - mordeva le chiappe a Gufo Triste. Insomma, andava così. Ora, questa faccenda l'ho raccontata per due motivi: primo perché Mark esce di nuovo in edicola, in una ristampa gagliarda a colori, e per me è un tuffo al cuore. Secondo perché sono convinto fosse quello di Gastone l'atteggiamento giusto verso le cose belle. Lui era un artista e non era snob. Gli piacevano l'arte colta e l'arte popolare. Oggi mi pare che succeda il contrario: è pieno di snob che si danno arie da intelletuali ma l'arte non sanno neanche cosa sia, e quando capita loro davanti agli occhi non son capaci a riconoscerla.

Commenti

  1. Bel post 🙂 e anche bel ricordo nel video di YouTube che mi ha portato fin qui ❤️
    Nel mio caso era mio padre a portarmi i fumetti a casa quando avevo quell' età, ho letto anche qualcosina del comandante Mark nella ristampa "tutto-mark" che conteneva 2 episodi alla volta... Le emozioni che regalano i fumetti sono diverse da quelle che si possono trovare altrove e, salvo essere stati dei lettori distratti/occasionali, rimangono dentro per sempre ☺️

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao, sì è vero, le emozioni dei fumetti sono differenti da altre forme d'arte ma forse le completano. Il Comandante Mark è stato anche per me un buon compagno di viaggio, seppur saltuario, almeno rispetto ad altri eroi che ho seguito con maggior frequenza. Grazie dei complimenti, sempre graditi. Un caro saluto.

      Elimina

Posta un commento

Grazie per aver commentato il mio post

Post popolari in questo blog

Lasciami andare

Valerio, avevi ragione, dovevo lasciar andare. Ti ricordi che ne parlavamo? Io trattenevo, aggiustavo, incollavo. Tu dicevi "Sei stato bene con quella ragazza? Basta, non cercarla, non chiamarla". Oppure "Ti manca tuo padre, ne hai nostalgia? No, non darle retta, via, è finita". Dicevi che dovevo conservare la memoria ma senza ogni volta inseguire il passato: io ho sempre pensato che le due cose fossero inseparabili, mi hai aperto gli occhi. Così faccio con le case che ho abitato: non le guardo più le fotografie, che si secchino pure dentro gli armadi. Lasciar correre, lasciare indietro. Un suggerimento sensato, così facendo uno mette a posto il disordine delle stanze, ma si vive meglio in un ambiente in cui tutto è dove deve stare? A questa obiezione facevi spallucce, una finta di corpo - come quando giocavi mezz'ala e io al centro dell'area aspettavo il tuo cross per segnare - e uscivi dal bar. Forse pensavi Che testa di cazzo , ma con tenerezza, perché ma...

Primavera di vento

A Tarquinia c'è un albergo nascosto in mezzo alla pineta, non affaccia al mare, è l'albergo dei nostalgici, degli amanti e delle canzoni d'autore. Tira sempre vento quando ci vado, ma è il vento leggero del Tirreno che volta le pagine del libro che ho in testa assieme ai ricordi della giovinezza, mai finita e mai rinnegata. In una primavera di vent'anni fa, una primavera anch'essa di vento, ci arrivammo per caso, tu ed io, ragazza amorevole di un'altra vita. Dal litorale non si vede e se non sai che c'è è difficile trovarlo, e noi cercavamo una camera col balcone sulla spiaggia, per cantare un'altra volta il caso, divinità innamorata delle onde azzurre e dei fortunali. Cenammo invece a bordo piscina perché l'hotel segreto ci rapì, e il mare restò una voce di là dalla strada, una prospettiva per l'indomani, l'abisso dentro cui stavamo per cadere dopo quella notte di soprassalti. Ti presi e poi tu prendesti me e alla fine la stanchezza ci rese ...

Il numero settecento

Mi sono perso. Ho girato a vuoto per certe colline che credevo familiari, il gps non prendeva, nei paraggi nessuno a cui chiedere la strada. Cercavo una certa locanda che in una canzone del settantatré viene cantata come un posto di frontiera,  ero certo esistesse davvero, volevo vedere com'è fatta, che gente la frequenta. Quando stavo per darmi per vinto l'ho trovata. I posti come questo, di confine, io li amo, li eleggo a covili di creatività perché là dentro passano mille venti, centomila viaggiatori, e ogni vento e ognuno di quei viaggiatori ha una storia da raccontare, e a intrecciarle ne viene fuori una inedita che ha in sé tutte le intonazioni delle altre ma una stravaganza solamente sua. Quando finisce il giorno in quegli avamposti lontani arriva il silenzio, le voci smettono di bisticciarsi e io posso abitare una veranda con vista sui campi di girasole come fossi in Alabama, e provare a confessare in libertà quello che ho in testa.  Eccola, l'eucarestia  della sc...