Il Dakota Building a New York è un austero palazzo dalla fama sinistra. Nel 1967 Roman Polansky ci girò Rosemary's baby, film che forse scatenò due anni dopo il massacro di Cielo Drive. E nel 1980 sulla sua soglia ammazzarono a colpi di rivoltella John Lennon. Ma pare che questi siano solo i due eventi più famosi e che altri fatti inquietanti e non del tutto spiegabili razionalmente si siano verificati nelle sue stanze. Ora, che ci crediate o no a queste stranezze poco importa. Quel che volevo raccontarvi è che io il palazzo me lo sono sognato. Poco fa, durante il pisolino pomeridiano. C'era dio, nella hall, che mi accoglieva come fossi un nuovo affittuario. Come so che era lui? Sul cartellino attaccato alla giubba c'era scritto God. Questo perché desidero mettere subito le cose in chiaro - ha spiegato. Avevo con me solo un piccolo trolley, una piantina di Central Park e un fantastico stordimento da jet lag. Lei sa che una volta arrivato qui deve fare una scelta - mi disse dio. Si riferiva all'aldilà, a come lo preferivo. Sapevo - non chiedetemi perché: i sogni son così - che da qualche tempo lui aveva cambiato un po' le carte in tavola. Aveva previsto due sorti differenti per gli esseri umani. Prima di passare a miglior vita si poteva scegliere se rinascere esattamente come la prima volta, rifare lo stesso percorso con la consapevolezza di averlo già fatto, provare a evitare gli errori commessi, rivedere tutte quelle persone che ci avevano lasciati soli, rimangiarsi le parole sbagliate e vivere lo stesso numero di anni vissuti. Oppure se affidarsi a lui e fare in modo che fosse lui stesso a scegliere per noi il destino, la destinazione, Che poi sono due parole che hanno la stessa radice - precisò tutto contento, davanti alla mia irritazione. Nel secondo caso non avremmo rivissuto solo gli anni già abitati, come una sorta di unica replica a teatro dopo il debutto, ma tutta l'eternità. Così scegliendo però non avremmo mai incontrato nessuno di coloro di cui avevamo nostalgia, e che ci avevano riempito gli occhi e la memoria. Gli chiesi una notte per decidere. Mi rispose: Mi sento buono, oggi, e farò un'eccezione. Ma domattina, alle prime luci dell'alba, dovrà darmi una risposta. Intanto la faccio accompagnare nella sua stanza. Su quelle parole mi sono svegliato. E adesso mi sto lambiccando il cervello per capire cosa mi conviene fare, e sto a sperare che quella notte a cui si riferiva duri un bel po' di anni ancora.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
Commenti
Posta un commento
Grazie per aver commentato il mio post