Se la realtà è quello che sembra, tutto ciò che ho posato nelle case nelle case resta. Oggi per esempio son salito in collina a portare i Gialli Mondadori e voglio sperare che stanotte se ne stiano buoni e in ordine nella libreriuccia che ho preso apposta per loro e non che - appena taglio la corda - svaniscano, o si mettano a ballare il tango, per poi ricomporsi dritti e impassibili - come io li ho messi - il giorno che mi rifaccio vivo. Questa cosa degli oggetti che cambiano aspetto o posto se io dormo me li accomuna tuttavia alle persone, li rende vivi e rende me felice: in tutta onestà la vita mi piace di più quando ho il sospetto che quel che vedo non sia tutto quello che c'è. Accanto ai Gialli Mondadori - dato che c'era spazio - ho sistemato un'altra collana che gioca proprio col mistero. Comprai il primo numero nel 2010, e presi a leggerlo in macchina, mentre aspettavo Susanna che usciva di scuola. C'era Roma, c'era un cacciatore di fantasmi dal destino nel nome - Valter Buio, - c'era una chiatta sul Tevere che era casa sua, c'era un comprimario che somigliava a Giorgio Gaber, e c'era una malinconia acquarellata stesa sulle storie a colpi di pennello coraggiosi e leggeri. Me ne innamorai, mi innamorai del posto dove mi ero fermato a leggere e i giorni successivi ci parcheggiai di nuovo, per ripetere quel rito e non modificare nessun particolare di quella scena tanto perfetta. Le corse in ospedale, l'attesa dell'emocromo, la speranza di un trapianto, diventavano per qualche minuto i problemi di un altro, erano un sogno, un'eco attutita, il rimbalzo di una voce lontana. Susi arrivava e io mettevo il segnalibro alla pagina, e la mattina dopo proseguivo. Non a casa, a casa c'erano urgenze spaventose, a casa tutto era malaugurante. Lì, vicino al campetto da calcio, tra i cestini colmi di lattine e i ragazzi che fumavano e poi andavano via rombando sulle moto, i vecchi che tornavano dal minimarket col prosciutto cotto, i gatti che si litigavano i croccantini della signora Lipari, trovai l'antidoto al dolore, e perfino un senso da regalare a quel tempo in cui ogni cosa stava diventando cenere. Le storie guariscono - scoprii, - e se poi la realtà non è d'accordo, avevo ormai deciso che per tutta la vita l'avrei combattuta con la fantasia.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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