Che strana che è questa estate: c'è ancora il campionato, il caldo è sopportabile, ho mollato il cortisone e respiro lo stesso, organizzo gite fuori porta, vado a scuola di leggerezza, la sera fumo sigarette artigianali e scrivo come Salgari di posti che non ho visto mai. Che bello il coraggio, che guerra necessaria quella contro la paura! Ancora non lo so se l'ho vinta o è solo un armistizio questa stagione in cui scendo a patti con le cose che spaventano, le prospettive dei malanni, le bancarotte sentimentali. Perciò credo che sarebbe una buona idea, per guardare tutto dall'alto, se mi costruissi una mongolfiera. Non se la comprassi bella e pronta: se la mettessi insieme da me, perché vorrei avere il tempo di rendermi conto della fatica a fabbricare una cosa che ti salva. Il cesto, il pallone cucito con gli scampoli, il fornello, i tiranti, i sacchetti di sabbia. Ci saranno pure da qualche parte piste di decollo e atterraggio per palloni aerostatici. Ci voglio andare, voglio che quelli che restano a terra mi credano audace e una volta che l'aggeggio si è staccato dal suolo continuare l'ascesa alleggerendo il carico, buttando fuori le cattive abitudini, i pesi obesi, le malevolenze a cui faccio da bersaglio. E sopra la terra, e sopra il mare, una volta lontano guardare in basso e fare Marameo, con la bocca storta e la linguaccia, e ciao ciao, baci e saluti, baci e saluti, amori miei. Le correnti che si scontrano a quella quota mi porterebbero dove vogliono loro, e in capo a qualche ora mi ritroverei sopra l'Egeo, sopra Santorini e sopra Braxos, che è uno scoglio che non esiste e che ho inventato io. A dio piacendo, prima o poi leggerete l'avventura che ci ho ambientato. E là in cielo - a passare tra le nuvole e sentirsi come Warren Beatty in paradiso, a pregare che i becchi degli uccelli non buchino la tela - anch'io sarei più leggero e non dovrei più maledirmi per ogni insonnia, per tutte le attese notturne, perché non sarei più di quel mondo dove la gravità è un impaccio.Una volta un'amica voleva portarmici, in volo. Non se ne fece nulla, e sarà per quello che son rimasto con la voglia. Dorme accanto al desiderio di un'altra vita, e solo di tanto in tanto, come oggi, si sveglia, affamata e feroce.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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