C'è nella mia giornata un diaframma che la divide esattamente in due metà e che ho ereditato da Gastone: il pisolino pomeridiano. Di primo pomeriggio non ci sono per nessuno, mi assale un'invincibile astenia e svengo su una poltrona, o sul letto di una stanza lontana dal chiasso. Se è inverno mi seppellisco di coltri e sto beato. Se è estate accosto le persiane, metto a corrente - quel filo che c'è - e me la godo, la pennichella, specie di messicano che non sono altro. Otto, dieci minuti, mica una vita: non crediate che poltrisca. Al contrario, tirarla per le lunghe infiacchisce e dopo non ho voglia di fare un tubo. Quella siesta invece mi ritempra, come un bivacco nella prateria, e al risveglio sono un grillo. Dovreste vedermi: bravo chi mi tiene. L'abitudine non la perdo neanche in viaggio, e chi viaggia con me lo trova un vezzo sopportabile, innocuo. Ho pisolato su una strada di Puglia, mentre un'amica guidava scalza, tra gli aranceti, e al risveglio eravamo a...
Sdraiato sui binari: diario di bellezze malsincere in attesa del treno. Sperando che porti ritardo.