Ho promesso a Susi di portarla in Grecia, alla fine di questa brutta storia. Via mare, perché là si arriva solo così, come tremila anni fa, solcando l'Egeo e sbarcando a un'insenatura selvatica. Le ho chiesto Verresti? e lei Sì però non so il greco, e non ho studiato il latino. Allora ci siamo inventati un richiamo efficace - non come il vaccino ammazza virus che ancora non han trovato - ma come due saggi che vanno alle origini delle cose un'ora al giorno. In Grecia c'è in effetti l'origine delle cose, di tutte le parole che usiamo e degli oggetti che pronunciamo, c'è il λόγος, c'è il principio della memoria. E allora ripartiamo da lì, anzi ricominciamo, hai visto mai stavolta la civiltà venisse meglio? Parlo della nostra evoluzione privata, naturalmente, della sua e mia capacità di leggere la vita e saperla decifrare come facevo con l'Anabasi, al netto delle frequenti cantonate che collezionai. Via con le declinazioni, allora, e poi le perifrastiche e poi l'ablativo assoluto. La complessità del pensiero umano specchiato superbamente nelle parole, nei loro incastri, nelle costruzioni ardite. Che bellezza! La prima memoria sta lì, graffiata sui peristili, portata in corteo trionfante dalle donne del tiaso, avanti non c'è niente, nessuna speranza, nessuna invettiva a dio, nemmeno una canzone d'amore. Lo stesso gioco, il gioco della memoria dico, dovremo farlo quando questo morbo sarà passato. Dovremo ricordarcene. Ma proprio ogni minuto, non soltanto ogni giorno. Dentro ogni intenzione, nella preparazione di qualsiasi gesto, un istante prima di pronunciare ingiurie - in quell'istante in cui le carichiamo in bocca - dovremo tenerlo a mente. E ricordare la tristezza, la prigionia, le smanie. E dare alla libertà non più un prezzo ma un valore, perché per qualche tempo l'abbiamo persa. Sono sicuro che la memoria del disagio ci renderà allegri, e quindi più evoluti. Saremo più pazienti, più temperati: l'abbiamo sfangata. Rallenteremo, guardandoci intorno. Scopriremo che in quasi tutte le avventure umane i dettagli sono meglio del quadro d'insieme, che far sorridere una donna è più nobile che volersela prendere a tutti i costi. E così accadendo, c'è il caso che saremo grati perfino al tempo oscuro della pandemia.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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