Passa ai contenuti principali

Bugie

Mi infilo a messa di sabato pomeriggio - in una chiesina di campagna linda e a forma di cuccia di cane - e non lo faccio mai. Non perché sia scettico ma per via che son sicuro che dio si annoi, a sentire tutte quelle litanie, e che preferisca - appena i fedeli stanno tutti a capo chino - uscirsene a sgranchirsi le ossa e a fumare una paglia. Se cammino là, attorno alla pieve, c'è il caso che lo trovi più facilmente seduto su una pietra miliare, e che a vedermi gli venga il ghiribizzo di spiegarmi la sua versione dei fatti. Oggi però mi andava di sentir predicare un po' di pace, e così sono andato. All'uscita mi guardo in giro e c'è in effetti un tipo che mi fissa, appoggiato col sedere al cofano della mia macchina. Non ha l'aria dell'onnipotente però, neanche di striscio: al contrario regge in faccia un ghigno fastidioso, come una maschera. Solo, non gli vedo l'elastico. Mi fa un cenno e mi apostrofa: Bravo, bravo: sei andato a sentire un po' di puttanate? Lo riconosco dall'articolazione colta dei concetti, e dalla ripugnanza che anche da ragazzo mi suscitava. Facemmo il militare assieme ed è una delle persone la cui compagnia ho più faticato a sopportare in tutta la mia vita. Non lo vedo da anni, non mi è mancato e glielo faccio capire, con tutta la freddezza possibile. Se per puttanate intendi bugie, può darsi .- gli rispondo. Lui mi tende la mano per stringerla, io la evito. Ti ho mandato una richiesta d'amicizia su Facebook, tempo fa. Perché non l'hai accettata? - provoca. Sul serio? - ribatto. Non mi ricordo. Appena a casa controllo. Se non ci fosse, rimandala. Capisce che deve farsi da parte, si sposta, apro la portiera, entro in macchina. Quando sono dentro, abbasso il finestrino. Hai presente - gli faccio - quando tutti ci accapigliamo, litighiamo, discutiamo, sulle cose che succedono? Hai presente? Annuisce, ma non sa dove andrò a parare, ed è sospettoso. Bene: è un inizio. Ma attento che ora ti faccio una domanda più difficile. Sei sicuro che le cose su cui ci azzuffiamo, i fatti - quelli che chiamiamo i fatti - siano proprio la realtà e non invece l'informazione che ci danno della realtà? Lì si perde, alza gli occhi, bofonchia tre parole monche. Alla fine ride grasso e mi dice che sono un filosofo del cazzo. Cioè - continuo senza far caso all'offesa - noi abbiamo opinioni che ci portano a rancori e litigi su eventi che probabilmente non sono reali ma che sono soltanto il racconto della realtà. Mi segui? Capisci la differenza? Ce li riportano in un certo modo - abbreviati, romanzati, edulcorati o al contrario esagerati - perché è il loro modo di gestire il potere. Social media, giornali, televisioni, opinionisti. La realtà non esiste, è solo una divagazione. Digrigna i denti, mi guarda con gli occhi vuoti. Il vino del prete era forte, mi sa - sibila. Sono astemio - taglio corto. Però se son puttanate quelle che ho sentito là dentro, quelle del mondo qua fuori come vuoi chiamarle? E al modo di chi trionfa giro la chiave, do gas e lo lascio lì impalato, ad augurarmi tutto il male possibile.

Commenti

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia

Zoe

Il giorno della morte di Silvio Berlusconi mi arriva un messaggio sulla chat di Facebook: Ciao, hai visto che anche lui se n'è andato? e così mentre il cuore salta un paio di battiti mi ritrovo a Montalto di Castro, è il 1983, ho sedici anni. Eravamo partiti in due ma l'amico che venne con me faceva le sei del mattino in discoteca e poi dormiva tutto il giorno, cosicché me ne andavo a spasso per conto mio, in bici, per capire un po' meglio che bestia fosse la libertà. Per inciso confesso che dopo quarant'anni devo ancora scoprirlo: l'ho sentita pronunciare da così tante lingue biforcute, quella parola tronca, che mi si sono confuse le idee. Certi scrittori di cui ho venerazione giurano che esser liberi significa non sapere mai per certo cosa voglia dire: se così è allora sono libero, e tanti saluti. E a parte questo, quell'estate fu maestosa. Di primo pomeriggio guardavo Mister Fantasy - coi videoclip di Madonna e dei Frankie goes to Hollywood, e dev'essere