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Complici

Ah, se avessero un corpo, le parole, e se ogni volta che le pronunciamo ci cadessero di bocca, e finissero ai nostri piedi, e potessimo raccoglierle, portarle alla pesa pubblica e sapere quanti chili fanno, e poi mostrarle a un esperto - come i funghi raccogliticci, - che scarterebbe quelle velenose: allora sì che sarebbe un altro vivere. Invece, di tutto quel che non ci grava in tasca ci liberiamo a cuor leggero, al contrario delle monete, che non regaliamo ai mendicanti neanche per sbaglio. Per come la vedo io - ma spesso la vedo in modo eccentrico - le parole valgono infinitamente più delle monete. Quel balbettio che è la mia scrittura monca, articolato con indescrivibile fatica, vale ai miei occhi più delle operazioni di borsa che il mio broker mi vorrebbe far fare, e dalle quali per diffidente incompetenza mi tengo alla larga. Eppure è vero: sembra che talora non abbiano consistenza, sembrano fatte di vapore. Ce ne arrivano a tiro centinaia che è bello trattenere e milioni a cui diamo un  credito esagerato, tipo quelle della campagna elettorale. Ecco sì, l'esempio è felice, al contrario di me: la campagna elettorale. Un giorno, tra qualche tempo ma neanche tanto, di lunedì, dopo una domenica di elezioni, andranno a contare i voti e troveranno zero. Ci spero con tutto il piccolo cuore che ho. Zero per tutti, perché nessuno ha votato. Urne vuote, scrutatori annoiati, candidati cancellati. La gente sarà andata al mare. Così oscena mi appaiono la politica e le sue marionette che sarebbe la sorte più sacra. Da quel punto si potrebbe ricostruire, ma su altre basi, con presupposti diversi. E le parole tornerebbero utili, purché usate nel modo che meritano: con consapevolezza e rispetto. Zero: ve lo immaginate che ridere? Forse è vero che non votare è un errore, un qualunquismo; ma votare al cospetto di gente tanto ignobile, che usa le parole senza saperne il suono, la densità, la dignità, vuol dire essere complici. Vorrei esercitare il diritto di non scegliere nessuno dei subumani che mi sorridono dai manifesti. Come so che sono a quel modo? Dalle parole che usano: plastificate, casuali, ventriloque; e da quelle che non usano - tutte quelle importanti.

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