Tra la fine di un racconto e l'inizio del successivo - già che mi sono messo in testa di scrivere un libro di racconti - esco di casa e viaggio; o do una regolata alle smanie, mi siedo e guardo film che ho perso, e non è solo un desiderio ma un peccato per il quale cerco espiazione. Esistono in effetti opere di cui ho solo sentito parlare e con cui avverto il bisogno di comunicarmi, come fossi il fedele sul corridoio che porta dal prete e dall'ostia. Sono convinto, da che faccio la scimmia dei narratori, che il sacro sia già negli esseri umani, del resto, e che si manifesti attraverso quello che inventano, senza bisogno di culti e religioni. Così vivendo arriva il giorno in cui ci si veste, si prende la macchina, si trova parcheggio, si fa la fila per il biglietto e poi si scopre che il film che volevamo vedere l'han programmato in un altro orario, e che quello sul sito era sbagliato. Non c'è tempo di aspettare lo spettacolo successivo, piove, la delusione brucia un po'. Ma resta la voglia di cinema, come la fame a entrare in un ristorante e scoprire che han chiuso la cucina. In quattro e quattr'otto si organizza una visione casalinga e la scelta cade su Almodovar: E se guardassimo Tutto su mia madre? Ha vinto l'Oscar ma non l'ho mai visto. Dimentichiamo Tarantino e la sua Hollywood alternativa e ci addentriamo nelle ramblas di Barcellona, in cerca di un senso al dolore, di un rimedio al lutto, di un alibi all'amore - che è un assassino seriale mica per scherzo. Ti piace quel pederasta? - mi chiese una volta un tizio con cui andavo in tv, a parlare di niente. Provai a spiegargli quel che io avevo capito della poetica di Pedro, e lui disse che non aveva niente contro i froci - testuale - ma che i suoi film erano osceni. Poi cambiò discorso e come fossi un tipo da confidenze erotiche mi raccontò delle sere che tradiva la moglie con una donna più giovane, informandomi dei particolari che ritenne più di vanto. Io credo invece che quei film siano pudichi, innocenti, perché gli eccessi sono forma, non contenuto. Non sono la meta, ma il percorso, e che l'anima di Pedro sia invece candida, sentimentale - aggiunsi tornando sulla strada maestra. Gli rivelai che trovavo più indecenti il marketing, la finanza, le banche, gli intermediari d'affari. E anche i fedifraghi. E che non a quei farabutti ma agli artisti avrei dato le redini del mondo, per un capovolgimento di prospettiva. Fu la fine della mia carriera televisiva. Dovette pensare che anch'io fossi un mezzo invertito e in trasmissione non mi invitò più.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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