Le cose sono cambiate. E non di colpo: impercettibilmente, centimetro dopo centimetro, come Civita di Bagnoregio, che si sfalda un niente al giorno e non te ne accorgi. In radio stamattina, finita la diretta - erano andati via tutti, scappati ad acciuffare il fine settimana, - ho girato da una stanza all'altra ricordando come fossero la prima volta che ci misi piede, e le prime stente parole. C'era la carta da parati al posto della vernice, un mixer meno moderno e i miei balbettii al microfono. C'era la mia giovinezza, che al contrario di Fossati talora ho tradito, decapitandone le smanie, accorciandone le stagioni. Ho preso a lavorare qua dentro che avevo trent'anni e adesso ne ho cinquanta. Quando è successo? Di notte, garantito: è di notte che la vecchiaia arriva, lei le malattie, e i presagi dei disastri, e che attorno al letto si radunano i fallimenti, e fondano un club. Ancora adesso, certe mattine è come se mi svegliassi da un sonno immane. Mentre dormivo alcune persone sono andate via, altre sono arrivate. Susanna era sul fasciatoio, ieri sera, ora guida la nostra Chevrolet, e parla inglese come ci fosse nata, con quel talento. Devono essere usciti libri niente male, in questo frattempo, e film a dismisura belli, e ho perso occasioni, appuntamenti, viaggi d'avventura. Chissà se si può tornare indietro? Chissà se posso addormentarmi nel mio lettuccio sotto la finestra e risvegliarmi in un mese qualsiasi del '99, là in mezzo a tutte le imperfezioni che ero? Riavvolgere il nastro: ecco di che parlo. Dite che si può? Vorrei avere ben presenti le cantonate a prendere certe vie che mi paiono maestre, e che invece in fondo hanno un muro. Vorrei saperlo prima, se il gesto che faccio è irreparabile. E non crediate che cerchi una vita comoda; quella scomoda già l'ho avuta, e irrispettosa e vile. È solo che decisioni differenti avrebbero portato disagi più sopportabili, probabilmente: mi piacerebbe scoprirlo. E contestualmente capire se il sale in zucca che oggi mi imbianca i capelli mi sarebbe servito - ieri - per addolcirmi la vita. Che buffo: il sale che fa la vita più dolce. Un paradosso. Tipo vedere a un'ora di strada il passato e invece sapere che è lontano, forse per sempre immodificabile.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
Commenti
Posta un commento
Grazie per aver commentato il mio post