Dal 1967 a oggi il mondo è invecchiato impercettibilmente; il mio, di mondo, invece, è diventato decrepito: Gastone, Gino, Alessandra, sono morti, Rita e Pietro hanno ottant'anni - e ve lo giuro: erano due ragazzi, - Susi non stava nemmeno nei progetti del cielo e ora è una donna. Che disastro, che il tempo umano vada a una velocità spaventosa e quell'altro sia un pachiderma. Da questa stonatura deriva tuttavia qualche piccola fortuna, se posso dirlo. Tanto per cominciare favorisce l'evoluzione, perché ci si ingegna a lasciare una impronta, quando sei a scadenza corta, e lasciare un'impronta per come la vedo io vuol dire inventare qualcosa che prima non c'era e renderla di pubblico dominio: un figlio, una parola, una formula matematica, un gesto di coraggio, un ceffone a chi se lo merita, una speranza nel lutto. Oltre a questo la brevità del viaggio - come la tratta Narni/Orte - ci munisce di emozioni, e le emozioni ci danno la percezione che la vita non è proprio da buttare. Paura, attesa, struggimento, passione, ambizione, sono la percezione di un senso, siamo noi esseri umani che esultiamo e ci rimettiamo a sedere, come il grafico dell'ECG, e come quello certificano che il nostro cuore batte. Ho preso a male parole dio - nei libri e nelle esternazioni private - per un bel mucchio di stagioni - furenti e disperate. Ma oggi intuisco che il suo mestiere l'ha saputo fare. Questa imperfezione è la perfezione: il suo amore per gli uomini - ammesso che la parola amore per lui abbia un significato - lo ha sublimato così. Di tutto il gran circo acrobata inarrivabile è il dolore, eppure anche quello lo ammiri, se riesci a capire lo sforzo che fa per farti sentire privilegiato. S'incammina sulla fune, capriola, si lancia nel vuoto e speri che si schianti, e invece no: ecco che la scaletta della ragazza lo raggiunge, e lui si aggrappa, risale e ricomincia. Dalla platea, lo guardi, gli occhi invidiosi perché vorresti cambiar di posto con lui: Vieni quaggiù a sederti, brutto bastardo, e lascia che sia io a farti il culo. Salvo poi accorgerti che tutta quella pena, quei pomeriggi d'inverno a piangere per terra, erano una mutazione, una medicina. E per il tramite di quella ingiustizia hai afferrato il tempo breve e lo hai reso fertile, visto che ora ti asseconda e ti lascia scrivere e vivere come pensavi non fosse possibile.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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