Ci ho messo 52 anni per andare a Napoli, il diavolo sa perché. In tutto questo tempo però l'ho frequentata per interposta persona: film, romanzi, canzoni, e ogni volta era come se ne conoscessi un pezzetto in più, tanto che quando finalmente sono sceso - il 6 aprile - era come se ne fossi istruito. L'esperienza dell'arte - quei film, quei libri e quelle canzoni - mi avevano messo in guardia dai luoghi comuni, di modo che appena sbarcato ho cercato una conferma che li smentisse - una buona parte di loro, almeno. C'è appunto una canzone che racconta il panico del primo giorno per chi atterra su questo pianeta, ma poi - giura - si incomincia ad andare più a tempo. E in effetti quando stavo per intonarmi son ripartito, e quindi vi saprò dire se è vero, la prossima volta che mi fermo di più. Nel frattempo quel panico si era manifestato - comicamente - nell'affittacamere (laureata in scienze della comunicazione e insegnante di flamenco: non esattamente una perdigiorno) che ci è venuta a prendere alla stazione, ci ha costretti a un largo giro per offrirci il caffè nel bar che diceva lei e al momento di pagare ha scoperto di non avere il denaro - Marò, che figur'emmierd ha detto piano, ma io l'ho sentita uguale. E nel pizzaiolo, la sera presto - qui cenano alle 18.30: ricordi di una fame storica che arriva ancora in anticipo sulla convenzione - che ci ha serviti con la sigaretta fumante all'angolo della bocca, e alla fine, in tre parole - Giusto venti euro, signò, ma sempre servo vostro - ci ha fatto capire che gli occorreva il tavolo. E poi nel portiere della Guest House - perché qui moderno e antico sono la stessa cosa - che ha risolto con Nu poch'e giochetto e si apre il guaio della chiave che non girava nella serratura. Da Alfio il merciaio - Tutto dall'A alla Zeta - ho preso un pigiama a dieci euro, ma avrei voluto chiedergli un etto di mortadella e una bici, già che c'ero. Sulla Circumvesuviana una manifestazione di donne offese strillava contro i giudici, rei di aver scarcerato in un lampo certi presunti stupratori. A un negozio di dolciumi un sacchetto di confetti Crispo era in offerta speciale: 6,90 invece di 7 euro: il garzone ci aveva speso tempo, un cartoncino e un pennarello per reclamizzare quell'affarone. Per cui. Per cui, a tirar le somme, ho capito che qui non sono meglio o peggio che in altri posti. Non è vero - per esempio - che non si fermano col rosso o quando sei sulle strisce. O meglio, qualcuno sì ma capita anche a Firenze, Palermo, Terni e Bolzano. L'idea che riporto a casa è in realtà quella di una città che mostra la sua umanità più di altre, trattenute e bugiarde. Se han voglia di mandarti a fare in culo ti ci mandano, magari con la musicalità di quella lingua che fonde assieme con noncuranza greco, bizantino, francese e spagnolo. Se han voglia di fotterti ti fottono: il cellulare, la macchina, la verginità. Ma ha a che fare col discorso del patimento, io credo, e col vecchio consiglio di fare di necessità virtù. Abbandonato, saccheggiato, questo popolo si è dato delle regole che sono altre rispetto a quelle che osserviamo noi. Non migliori o peggiori: soltanto differenti. Pensateci: chi non avrebbe fatto altrettanto? Sono comunità, i napoletani, sono un'anima bella: la struttura guelfa e ghibellina di altre città, quella dialettica assassina, non gli è passato manco pe' a capa di costruirla. Tanto che - per dire - al contrario di Roma, Genova, Torino, Milano, hanno una sola squadra di calcio. Più sei oltraggiato - dai conquistatori, dai governi rapaci - più ti compatti, io sospetto, e crei un porto franco dentro un paese che non ti si fila quando hai bisogno, ma solo quando gli servi. E al momento di ripartire, confesso che la fioraia alla stazione che mi dà del voi - Venite dalla mostra dei libri? Con un libro vostro? Ma l'avete scritto proprio personalmente? - mi ha fatto una tenerezza rapinosa.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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