Gli accappatoi, quando sei fradicio di doccia, han la sana prerogativa di farti perdere tempo: una manica è nel verso giusto, l'altra nel verso sbagliato. Sempre. Tu lo hai appeso come si deve, la volta prima. Magari eri distratto per un improvviso assalto d'amore, e l'hai buttato là sul lavandino, ma alla fine te ne sei preso cura, e mentre lei ti sorrideva compiaciuta, e si sfonava i capelli, lo hai rimesso al suo posto, sul gancino, con tutta la meticolosità di cui sei ricco. Con le maniche nel verso giusto, soprattutto. Passano un paio di giorni, rifai la doccia, c'è il caso che rifai anche quel gioco magnifico che è saltarsi - allegramente - addosso, e quando vai per indossarlo, niente: una manica al dritto una al rovescio. C'è un fantasma dispettoso che usa la mia vasca da bagno, io credo, e la notte sciala tra sali alla calendula e borotalco, sciupa tutta l'acqua calda e veste tutto quel di mio che trova in giro. Lo possino. E alla fine, all'alba, rimette tutto a posto ma soltanto in apparenza uguale alla sera. Le maniche dell'accappatoio, per esempio, le incasina che è un piacere. Ci si diverte un mondo: è fatto così. Ci pensavo, a questa scemenza, stamattina, che una mia amica mi raccontava di essere multitasking, e di fare cento cose insieme per guadagnare tempo. Io le ho fatto l'esempio dell'accappatoio, che il tempo invece me lo fa dilatare, e specie d'inverno mi gela le ossa, e mi suggerisce parolacce geniali. E lei ha pensato che fosse un danno, questa faccenda. Apparentemente lo è - ho osservato. In realtà mi ricorda di come le cose vadano fatte con attenzione. Del resto, attenzione credo sia una delle parole più capienti dentro cui nascondere un gesto. Vuol dire dedicare tutto quel tempo a quella cosa e basta, senza pensare ad altro, senza distrazioni. Vuol dire anche, spero, saper vivere, almeno un poco. E trarre piacere da ogni episodio che sceneggiamo a beneficio di un solo spettatore: noi stessi. La mia amica ci è rimasta male, a sentirmi così poco moderno. Ha rivendicato il suo vivere di corsa. Se guadagni tempo ok - alla fine le ho detto, - a patto che poi riesci a spenderlo come più ti piace. Altrimenti che te ne fai? Ecco, ci è rimasta male: se n'è andata senza entusiasmo. Mi scuserò regalandole un accappatoio. Purché il marito non fraintenda.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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