Fatti furbo, mi disse una volta un vecchio - o forse ero solo io che avevo diciannove anni a vederlo così. Ne avrà avuti quarantacinque, e comunque meno di cinquanta, e si vantava di conoscere il mondo. Se ne andava per le case riparando televisori, capitò in quella di certi miei parenti e mi prese di mira. Te sei ancora un lattante, mò ti imparo a vivere - disse, e cominciò a esaltare la scaltrezza, e che per far soldi non si può andare per il sottile, e che tocca sempre fare la scelta più utile. Annuii per qualche minuto poi decisi che non me ne importava, di piacergli, e gli chiesi se a far rifunzionare tv scassate fosse diventato milionario. Mi guardò come ti guardano i finti uomini di mondo quando gli scopri le carte, incattivito, poi rivolto alla padrona di casa sputò: Tienilo a bada, 'sto bardascio. Fa lo spiritoso. Fu il primo di una piccola ma non trascurabile serie di successi contro i cretini. Che, invecchiando, mi sono accorto essere un plotoncino sempre ben nutrito, ahinoi. Resto grato a quella specie di antennista, però, perché fu il primo che mi chiarì suo malgrado il concetto contemporaneo di etica. Sì io l'avevo letta sui libri, e tutto era cominciato con la filosofia greca. Ma vederla incarnata, seppur al contrario, fu una specie di prova vivente della teoria. Ho tenuto a mente quel bisticcio per anni, e credo sia un'altra delle scintille della mia scrittura. Che con l'etica ha molto a che fare. E con l'uomo, sempre, altrimenti non c'è racconto. Se mi seguite ancora qualche riga provo a fare un veloce ragionamento. Allora, l'etica entra in gioco quando facciamo una scelta, per il semplice fatto che una scelta ti mette generalmente davanti due strade: una buona - eticamente corretta, appunto - e una no. Ne consegue che l'uomo etico è l'homo faber (anche se non così di frequente l'homo faber è l'uomo etico), e che l'immobilità, almeno in un certo senso, è amorale. Ora: come fa l'etica a farci riconoscere la strada giusta? Per come la vedo io, quella giusta è la strada più difficile e impegnativa. E la più bella. L'onestà, la fedeltà, sono più complicate della disonestà e dell'infedeltà (che sono talora utili, ma orrende), ma anche più leggiadre. Così quando scrivo: lo stesso. Corteggio la storia sghemba, complessa, non perché sia eccentrico (mi hanno accusato di esserlo, e di essere contorto), ma perché in quella storia si specchia la mia verità. Che è una verità di sentimenti, più che di trama: la storia è finta, l'anima della macchinazione è candida, vera. E col linguaggio, pure lui centrato e adatto, cerco di accompagnare come si conviene tutta la faccenda, come col pane faccio la scarpetta quando il condimento è troppo gustoso per lasciarlo nel piatto. E alla fine sono sazio, stanco e eticamente in pace.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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