Passa ai contenuti principali

La dolcezza

Il freddo delle stanze d'inverno aveva un pregio, agli occhi dei miei dieci anni: induceva Rita a posare sui termosifoni bollenti il mio pigiama, prima del bagno che mi calmava le smanie. Io faccio lo stesso, con mia figlia: ho assorbito cioè quel gesto perché credo che sia amorevole, e leghi le persone ben più della consanguineità. Ha a che fare col concetto di dolcezza, per come la vedo io. Abituati a certe attenzioni da ragazzini, poi da grandi non ci costa fatica rivolgerle ai nostri figli: è una specie di catena di sant'Antonio, ma senza seccature. Qui cominciano i guai. Perché ho l'impressione che a parecchi dei nostri ragazzi, oggi, sia mancato quel passaggio, la percezione di una accortezza affettuosa che hanno aspettato, ma che non è mai arrivata. Li ho visti, a scuola, e li vedo, girare le città, a manifestare cinismo e pratica del mondo, senza che l'uno sia la fine di un percorso ma, al contrario, un istinto; e senza che l'altra sia più di un'illusione a buon mercato. Chiaro che son sempre gli adulti, ad avere la coscienza sporca. Ma non è questo il punto, adesso. Vorrei invece suggerire qualche rimedio, un antidoto a certi veleni. E allora, ancora, torno alla dolcezza. Che non è, figli, nelle canzoni che ascoltate, nei film che guardate. Che sono invece brutti, volgari, offensivi. Quasi sempre, almeno. È altrove, si trova distante da quel linguaggio, distante da quello che vi contrabbandano per libertà. E allora qui vi tocca sforzarvi. Fare dietrofront e camminare in direzione contraria. E ostinata, diceva Faber. Conoscete Faber? Non quel fantoccio della fiction tv: quello vero. È un buon inizio, Faber. Io ne amo più visceralmente altri due, che un giorno dirò e che molti intuiscono - se parliamo di cantautori. Ma Faber è un'occasione morale illuminata. E lo stesso col cinema. Soffermatevi, spegnete i cellulari, staccatevi dal mondo. Peter Weir, un regista australiano, è un altro ottimo inizio. E lasciate perdere, se proprio non la reggete, l'opera sua più famosa: l'hanno talmente addomesticata da farla sembrare di moda - e pure è un'estasi di ribellione. Cercate i suoi film minori, tutti. E dedicate loro un tempo largo. Lì, c'è dolcezza. Lì, in mille altre canzoni, in mille altre pellicole e in diecimila libri. In tutto il mondo che rifiutate, che nessuno vi ha educato ad amare, c'è l'immane dolcezza di cui vi han privato i vostri genitori. E che vi parla, vi coccola, vi fa sorpresi e più pieni. Vi fa distinguere le cose per cui vale la pena incaponirsi - che son quelle che danno brevi e ricorrenti felicità - da quelle che è meglio lasciar cadere. Così, come due suore sfrontate che camminano scalze sulla spiaggia, si cambia il mondo.

Commenti

Post popolari in questo blog

Niente per sempre

C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e  a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...

Primavera di vento

A Tarquinia c'è un albergo nascosto in mezzo alla pineta, non affaccia al mare, è l'albergo dei nostalgici, degli amanti e delle canzoni d'autore. Tira sempre vento quando ci vado, ma è il vento leggero del Tirreno che volta le pagine del libro che ho in testa assieme ai ricordi della giovinezza, mai finita e mai rinnegata. In una primavera di vent'anni fa, una primavera anch'essa di vento, ci arrivammo per caso, tu ed io, ragazza amorevole di un'altra vita. Dal litorale non si vede e se non sai che c'è è difficile trovarlo, e noi cercavamo una camera col balcone sulla spiaggia, per cantare un'altra volta il caso, divinità innamorata delle onde azzurre e dei fortunali. Cenammo invece a bordo piscina perché l'hotel segreto ci rapì, e il mare restò una voce di là dalla strada, una prospettiva per l'indomani, l'abisso dentro cui stavamo per cadere dopo quella notte di soprassalti. Ti presi e poi tu prendesti me e alla fine la stanchezza ci rese ...

Il numero settecento

Mi sono perso. Ho girato a vuoto per certe colline che credevo familiari, il gps non prendeva, nei paraggi nessuno a cui chiedere la strada. Cercavo una certa locanda che in una canzone del settantatré viene cantata come un posto di frontiera,  ero certo esistesse davvero, volevo vedere com'è fatta, che gente la frequenta. Quando stavo per darmi per vinto l'ho trovata. I posti come questo, di confine, io li amo, li eleggo a covili di creatività perché là dentro passano mille venti, centomila viaggiatori, e ogni vento e ognuno di quei viaggiatori ha una storia da raccontare, e a intrecciarle ne viene fuori una inedita che ha in sé tutte le intonazioni delle altre ma una stravaganza solamente sua. Quando finisce il giorno in quegli avamposti lontani arriva il silenzio, le voci smettono di bisticciarsi e io posso abitare una veranda con vista sui campi di girasole come fossi in Alabama, e provare a confessare in libertà quello che ho in testa.  Eccola, l'eucarestia  della sc...