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Il libraio romantico

Pietro esprime un desiderio - Vorrei un libro di poesie di Cardarelli, mi ci riconosco assai - e dato che è forse la seconda volta in cinquant'anni che il desiderio è indirizzato a me, mi metto in moto, credendo che sia facile da esaudire. Scopro invece che la Mondadori non ristampa più il poeta di Tarquinia dai tempi in cui era ancora vivo, grosso modo, e così decido di andare alla fonte: fare un salto nella città etrusca e vedere che succede. Trovo il Punto Einaudi, la libreria più scintillante in zona, e pure un fiocco rosa sulla serranda chiusa: qualcuno deve aver figliato proprio oggi che arrivavo io. Auguri di cuore, ragazzi: mi avete messo in un mare di guai. Non mi perdo d'animo e vado a memoria. Sei anni fa a un paio di isolati dall'hotel Tarconte c'era un bugigattolo di libri usati: a gestirlo un vecchio ossuto e sapiente che si teneva su coi fili. Ci comprai Simenon e qualcosa di Vittorini, e forse anche un paio di Almanacchi Topolino del settantadue. Scopro che la bottega è vuota, sul vetro c'è scritto Affittasi chissà da quanto tempo. Faccio una piccola indagine nei paraggi. Una caramellaia mi indirizza verso la zona bassa della città, a metà fra le mura più esterne e il lido: - giura - hanno aperto un centro commerciale. Il libraio romantico (così lo chiama) si è trasferito a valle. E alloraì riparto; per incaponirmi a non usare il Gps finisco alla Coop e finalmente imbocco la strada giusta. Il libraio c'è davvero, ma non è il vecchio ossuto che ricordavo, forse il fratello: ha meno di settant'anni. E del resto la sua non è una libreria ma una polverosa, ammuffita giostra di meraviglie. Ci accoglie burbero, non è uno zucchero parlare con lui: Ma lei a quest'ora non ha l'abitudine di mettersi a pranzo? Si scoccia perché in effetti è l'una meno cinque e si rabbonisce quando gli spiego che vengo da lontano e ho fatto una fatica de diavolo a trovarlo. Gli spiego cosa cerco e mi propone l'epistolario del poeta; gli ripeto che voglio le poesie e dice Non ne ho, se vuole le faccio delle fotocopie dalle raccolte che ho a casa. Ma neanche per sogno, devo regalarle - protesto io, e lui Ah beh, allora come non detto. Siamo in stallo. Finché, in capo a trenta secondi ha un rigurgito di memoria, sposta qualche Domenica del Corriere di antica annata e mi mette in mano un'edizione dei Meridiani con una patina di tempo sopra che alle dita sembra vinile. Tutta la produzione di Cardarelli. Tutta. Le poesie, i piccoli saggi, i raccontini, le lettere. Esulto e la prendo, dopo aver tirato sul prezzo. C'è una dedica, a pagina tre: A Luigi da Lucia, Natale 1962. Spero che siano entrambi vivi, e siano invecchiati insieme, Luigi e Lucia. Ho paura, però, che qualche erede irrispettoso, dopo morti, abbia preso su tutta la loro vita e l'abbia ceduta a prezzo da rigatteria: il mondo va così. Faccio per andarmene e il libraio si fa improvvisamente gentile. Giri ancora, se vuole: non ho poi così fame. Non mi faccio pregare. C'è una miniera d'oro che sbozza dalle pareti, dagli scaffali. Una metà delle Novelle di Pirandello del 1942. Ti con zero, di Calvino: prima edizione, 1967. L'innocente, D'annunzio, edizione del 1933. La gente si disfa di queste cose, mi spiega il vecchio, per comprare romanzi che non sono romanzi. Li trovate tutti primi in classifica. Il guaio sa qual è? Che quelli che trafficano con quella roba si definiscono lettori. C'è un universo intero, qua dentro - una battaglia di stili, un incrocio di patimenti orditi, un parlottìo di voci quasi sempre eccelse, intonate a miracolo - così perfetto che vien voglia di comprarci casa. Devo tornarci con calma, Magari prima le telefono, gli dico al libraio, personaggio pure lui, come quelli raccolti nel brefotrofio che custodisce. Certo mi fa piacere. Ecco, aspetti, le do il mio numero, e me lo scrive su un pezzo di carta. Lo sa qual è un altro guaio? mi fa mentre esco. Che qui di libri ce ne sono quanti ne vuole. Sono i clienti che scarseggiano. Ecco, questa cosa che dice alla fine mi smorta un po' il giorno lieto. Sarà perché a sera, dentro la solita libreria fica di città, trovo una coda di anime osannanti celebrare la funzione al cospetto della solita scrittrice in voga: presuntuosa, fatua e perfettamente contemporanea. Le cui parole, probabilmente, nessun libraio ossuto, ostinato, tra cinquant'anni conserverà.










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