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Fiiiiiiii!

Appena piscia 'na gallina, va via 'a luce! Quando imperversava un temporale estivo - come adesso che ha stiepidito casa e raffreddato i bollenti spiriti di chi l'abita - Gino se ne usciva con questa nota di classe, che a Narni ha però il pregio di essere sostanzialmente vera. Cercava una candela, i fiammiferi, una torcia, una fiaccola, e se gli facevamo notare che era agosto e ci si vedeva lo stesso, si piccava assai: E se non riviene manco pe' stasera? Stare senza corrente aveva il vantaggio di incupire le stanze e accendermi la fantasia. E far venire l'estro - a Gastone, Pietro e la loro banda di amici matti - di progettare una notte in bianco per doppiare l'ultimo film girato assieme. Oh sì, facevano cinema, non ve l'ho mai raccontato? Non documentari - certo, anche quelli, sta bene - ma proprio roba tosta, fiction. Corti, come li chiamano oggi. Gastone, Ennio Santarelli sceneggiavano. Pietro, Fulgenzio Fociani e Ennio medesimo recitavano, assieme a Franco Bussoletti, Alberto Stanco, e qualche comparsa pudica. Non so perché il blackout li scapricciasse a tentar la notte, non ricordo nessi plausibili, ma così era e così la riporto. Non c'era l'audio in presa diretta, e allora si abbrancavano nella cucina del vicolo e ci davano dentro, con voci, suoni, grattugie grattate con le forchette, pentole percosse coi mestoli. Una volta girarono il film di una rapina. Ennio Santarelli veniva fermato su una strada bianca con un albero in mezzo alla carreggiata e Pietro e Fulgenzio sbucavano da dietro la curva, lo spingevano fuori dall'auto, lo malmenavano, derubavano, e poi precipitavano la Seicento con lui dentro (un modellino: si vedeva che era una cosa tipo Burago) in una scarpata. Erano piuttosto sanguinari, da giovani. Il film durava otto minuti e avevano pensato a tutto: le voci concitate, lo Sbam! del tronco che cadeva (naturalmente cadeva fuori campo, era un albero che stava per terra da chissà quanto), il borbottìo del fiume lì vicino - che era la voce del Nera: Gastone l' aveva registrato col magnetofono a due piste. Mancava solo lo stridio dei freni dell'auto, davanti all'ostacolo. Ci pensarono su e decisero che un fischietto andava bene. Il problema era che erano le due di notte. Alberto disse Ma io ce l'ho, un fischietto a casa! e a nessuno importò di indagare come mai. Andò e tornò in pochi minuti, e quando tornò non si ricordava quale campanello suonare. Era buio, non si discute. Ora, devo specificare che al piano di sopra abitava l'avvocato Diofebi, all'epoca presidente della Cassa di Risparmio di Narni. Uomo morigerato, educatissimo e schivo. Una copia del maestro Bordigoni, in quel romanzo di Piero Chiara. Alberto sbagliò citofono e - a quell'ora assurda - suonò all'avvocato. Dopo qualche minuto, Diofebi si affacciò, insonnolito e seccatissimo, e con la sua voce tonante urlò al buio CHI ÈÈÈ? Alberto, per tutta risposta e credendo che fosse uno dei suoi compari perdigiorno, infilò in bocca il fischietto ed emise un lungo, acutissimo, insistito richiamo, che squarciò la notte e strattonò le case fino al ponte d'Augusto. Da questo momento in poi la vulgata è incerta. C'è chi parla di carte bollate, ammende, tribunali. Chi di perdoni e amnistie. Di sicuro c'è che tutte le strepitose volte che mi han raccontato questa storia, qui si è fermata, tutti presi a scompisciarsi ancora e inesorabilmente, dopo cent'anni.

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