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La verità

Scendendo da Itieli, all'altezza della fontana di San Nicolò e appena scampati a una curva a gomito assassina, sulla groppa destra della strada c'è una pietra che somiglia a un animale. Un gatto grosso, o un cinghiale fanciullo, e ogni volta mi ci inganno, e dico a chi mi accompagna Guarda quella bestiola: seduta sulle zampe posteriori sembra in attesa, e tutte le volte, alla parola attesa mi sento sciocco, perché la consapevolezza - e dell'ultimo errore e dell'aver dimenticato il penultimo della stessa razza - arriva dopo, che le parole sono già volate via. O se sono solo le penso, e mi dò del cretino, come non fossi passato abbastanza per quella strada innamorata da conoscerne ogni zolla d'asfalto, ogni cespuglio d'erica. Gioca con me, il travisamento, compagno che ho accanto più spesso di quanto vorrei. Allo stesso modo non distinguo tra le notizie la verità, perché sono infinite e immani le voci, e ogni voce pretende di essere l'unica, e ingannevole il resto. Parlano di continuo, gli uomini - in televisione, nelle città, in rete - e non so con quale percentuale di onestà. Si parlano contro, smentiscono, deridono; e quelli che fan politica poi, che mi sembrano i più spregevoli. La finzione, ecco. Ho l'impressione che sia il sistema, nelle nostre case perfino, e a dire Ti amo senza vergognarsi ci vuole un gran cuore. Tutto, certi giorni, mi sembra artefatto: tutto quello che han costruito gli uomini, almeno. A entrare in un museo ho sempre il sospetto che ciò che vedo sia una copia spacciata per verità. E che la versione ufficiale delle cose sia differente - per tanto o per poco - dalle cose medesime. Per questo cerco da un po' un metodo - come Cartesio - che mi permetta di vedere meglio, di capire i giorni che piovono e la loro filigrana. Ho lasciato perdere certe persone spaesanti e poi ne ho collezionate altre che mi pare schiariscano l'orizzonte, sono persone preziose come lenti d'occhiale, fanno la vita accettabilmente nitida. E ho eletto a metri di giudizio i dolori che spaccano e le gioie fugaci, gli spasmi a vivere allora e a ricordare ora le corsie d'ospedale, e la pace allegra di qualche giorno rubato alla poca voglia di alzarmi, qualche mattina. Quella è la verità, io temo e spero: ciò che mi fa sanguinare e quel che mi scolpisce snuvolato per mezza giornata ogni morte di papa. Di tutto il resto - lo spettacolo dei camuffamenti della realtà, i sentimenti agghindati - vi assicuro, cerco ostinatamente di fare a meno.

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Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia

Zoe

Il giorno della morte di Silvio Berlusconi mi arriva un messaggio sulla chat di Facebook: Ciao, hai visto che anche lui se n'è andato? e così mentre il cuore salta un paio di battiti mi ritrovo a Montalto di Castro, è il 1983, ho sedici anni. Eravamo partiti in due ma l'amico che venne con me faceva le sei del mattino in discoteca e poi dormiva tutto il giorno, cosicché me ne andavo a spasso per conto mio, in bici, per capire un po' meglio che bestia fosse la libertà. Per inciso confesso che dopo quarant'anni devo ancora scoprirlo: l'ho sentita pronunciare da così tante lingue biforcute, quella parola tronca, che mi si sono confuse le idee. Certi scrittori di cui ho venerazione giurano che esser liberi significa non sapere mai per certo cosa voglia dire: se così è allora sono libero, e tanti saluti. E a parte questo, quell'estate fu maestosa. Di primo pomeriggio guardavo Mister Fantasy - coi videoclip di Madonna e dei Frankie goes to Hollywood, e dev'essere