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Tenebrosa

Il mio sogno ricorrente è fare un viaggio su una diligenza, coi cavalli, il cocchiere, il forziere dell'oro e quattro compagni d'armi, d'inverno, in una contea selvaggia, coi lupi a rincorrerla e ad abbaiare alle ruote. Darei un centimetro d'altezza per una cosa così, purché duri abbastanza da farmi passare la voglia. Una settimana, dico, una settimana a spaccarmi la schiena sulle assi di legno di quel trabiccolo, sulla strada sterrata che lacera due file infinite di alberi, un bosco fitto come la foresta nera. Ci fermeremmo a cambiare i cavalli in qualche stazione di posta dove il montone non sia rancido, e dormiremmo sui pagliericci in uno stanzone oscuro, illuminato da un camino gigantesco, tutti insieme. Le ombre degli animali, fuori dai vetri, il woof degli orsi all'affacciarsi della radura, i respiri gelati, le coperte avvolte ai corpi, la resina che scoppia nel fuoco: tutto concorrerebbe a farmi scrivere un grande romanzo. E il mattino appresso ripartire, appena albeggia, e stancare la modernità portandosi dietro appena una confezione di Tachipirina, per le emergenze, e nessun telefono, e non sapere come va il mondo, per quel tempo intero. Dovrebbe avere dei vetri spessi, la diligenza, traverso cui guardare altri animali feroci ghignarci contro, e volpi rosse e cinghiali attraversarci il cammino, e ritrovarsi a un certo punto in mezzo al nulla, al buio rotto solo dalla lanterna a cassetta, assediati da rumori di anime bianche che strusciano fiori di spine, e fantasmi dispettosi. E così cercare un nuovo ricovero, un fienile, una casupola abbandonata, e lì svoltare un'altra notte, ancora eccitati di paura. Perché a me la paura ha sempre dato scuse per vivere, ho sempre pensato che se una cosa mi atterrisce, beh, la devo proprio respirare, inalare. Stringerei amicizie, parlerei di libri, parleremmo - io e i compagni d'armi - di racconti spaventosi, che ingigantirebbero le sagome dei mostri dietro agli alberi. E al sicuro nell'abitacolo proveremmo il brivido immortale di tutti gli uomini che hanno inventato l'ignoto e hanno scoperto che era bellissimo viverci dentro, con appena un diaframma - un carro coperto, una casa, una porta - a proteggerli.

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Il numero settecento

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