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Periscopio

Non conosco nessuno che non abbia un peso che lo attarda, lo fa disattento alle cose, e che si sveglia con lui, gli si veste accanto, e pretende che lo trasciniamo. So di persone cui grava per un centesimo; altre per cui è un fardello di piombo, e a volte snuvola come vapore, s'assottiglia come la fesa di tacchino, - mi rimbomba ancora il suono del batticarne del macellaio, che ero ragazzino e mia madre mi mandava in quell'antro odoroso di cervelli e sangue - ma poi riecco che avvampa, fa l'imboscata quando sei a studiare speleologia in una grotta amica e ti guasta il divertimento. Io ci scendevo a patti col mio avvilimento, qualche sera dei miei pochi anni, e lo bagnavo di euforia, come fosse sulla traiettoria di uno spumante, e succedeva che rincasavo dopo averlo disarcionato, gli cospargevo la sella di scivolina, così che il giorno dopo facesse fatica a rimontare. 
Succedeva quando per un dolore al petto, una febbre cocciuta, andavo dal medico - Marcello Cicogna -  un'andata in discesa e un ritorno in salita, all'opposto dei miei stati d'animo. Facevo anticamera tra signore itteriche e neonati in polmonite, e leggevo Panorama, ma solo le pagine con le donne nude. Si chiamava Periscopio la rubrica con le tette al vento, e qualcosa di più spinto che osavo sperare ci fosse e che non sempre c'era. Una caccia al tesoro, tenera e pelosa che mi ingannava i minuti. Poi entravo e declinavo il malanno, Marcello mi tastava e rassicurava: non avevo il cancro - come ho sospettato sulle centocinquanta volte solo prima dei diciotto - bensì una malcelata tendenza all'ipocondria, facile da diagnosticare e difficile, difficilissima da curare. Oggi ho altri fardelli sciocchi e vili - un paio, non di più, che pure mi amano tenaci e non si fidano a lasciarmi solo. Però li combatto: mica gliela dò vinta. E capitano così giorni di rischiaro, di gioia innaturale. Sacche di folle felicità. O spaventi ilari più minuti, come leggere Dylan Dog in una stanza cieca e riscoprirlo necessario dopo anni di indifferenza. Ne ho impalcato il romanzo nuovo, di risanamenti, e a dio piacendo prima o poi qualcuno lo leggerà, facendomi ancora e per un attimo felice. Se adesso capita che m'avvinghi una gelosia, un tramestìo di umori molesti, rifaccio la strada del mio amico medico - sta in pensione, ma è sempre un signore - e simulo un accidente. Entro in quello stesso portone, sosto due minuti e ne esco resuscitato. Che poi vuol dire anche dare un senso alla mutua e alla sua presenza nel mondo.

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