Può darsi che se me la pianto di scrivere, tutta questa nostalgia del passato che mi intride, la micidiale ostinazione a tornare dove non c'è più chi mi ha fatto star bene - dove chi mi ha fatto star bene non può neanche raggiungermi - se la smettano di tormentarmi. Le tentazioni della memoria arrivano perché io lascio aperti tutti i confini, non ci sono posti di guardia a rimandarle indietro, i passaggi a livello sono divelti, e così entra tutto: case in via Cardoli, stagioni di vento, domeniche cricchianti di cicale, Pietro e Rita giovani, baci a Corinto, piccoli ranger, frammenti intraducibili di Archiloco, Silvia che m'innamora come mai più. Tutti quei giorni premono alle frontiere, come i barbari alla fine dell'impero. Stamattina me lo diceva mia figlia, in macchina: Roma è finita perché era corrotta, non per via dei Germani. Insomma, hanno trovato la strada spianata. Come le mie malinconie. Che si nutrono di tutto quello che è ricordo, tenerezza. Si nutrono della mia corruzione nostalgica, dell'infatuazione che mi danno gli oggetti appartenuti ai morti. Maledizione. Scrivere è non arrivare mai da nessuna parte, guardare le cose sempre sbiadite perché per gli infelici non esiste nitidezza, tutto scontorna, è tremulo, come un budino. Più cose ci ficco dentro, nella scrittura, più ne restano fuori, è un pozzo senza fondo, una bocca mai sazia. Eppure ambisco alla leggerezza, al soprappensiero, a dormire innocente e a svegliarmi allegro, convinto che un problema è anche una soluzione: basta rovesciarlo, come un calzino. Camminare di lato, è il segreto della longevità. E scrivo nonostante. Nonostante non serve, dico. Spariamo a salve. Avete mai visto un'ingiustizia sanata scrivendo? Ma non fa niente. Per il resto, nella mia chiavetta scrausa - che mi diverto a fumare come stupefacente innocuo - c'è tutto quello che mi occorre: le mie parole, che a dispetto dei santi presto saranno un altro fiume da solcare in piroga. Placido, divertente, con qualche rapida nascosta dietro un'ansa, massi affioranti e un finale che ribalta tutti gli assunti. Per cui adesso non mi dite che 'sto romanzo non avete una gran voglia di leggerlo.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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