Mentre sosto in macchina perché deve finire una canzone che trovo strepitosa mi passano davanti una ragazza che s'affretta alla maturità - ha un vocabolario nell'incavo del gomito e il piglio di sfida - e un attimo dopo una donna in giacca e cravatta: lugubre, ossuta. Spero - mentre distillano le ultime note - che la ragazzina non diventi mai una donna così, e che una donna così non sia mai stata quella ragazzina. C'è troppo spazio/tempo, troppa filosofia belligerante, qualche quintale di atteggiamenti diversi e odori assai diseguali - la ragazzina profuma, la donna no - perché le loro vite possano essere vasi comunicanti. Questo è il bello degli scrittori: la loro presunzione. Cazzo ne sai te se quelle due tipe sono come le racconti? Cazzo ne sai se una puzza - di cosa, poi? di carrierismo? disperazione? - e una è un prato fiorito. Pure, spacci per verità le fantasie improvvise, quelle che ti sovvengono mentre recuperi le chiavi della radio sotto il sedile e pensi che oggi ci sarebbe anche il tempo per fare l'amore, che è qualche giorno che non.Ma è che sei allegro. Allegro nella tua tristezza apparente, nella malinconia che mostri, occhi mesti nella felicità. Perché son successe cose mirabolanti, da qualche frangente, e annusi aria di mutazione. Chi non cambia muore, o se gli va bene fa tutto il viaggio in prima. E le marce basse frenano.
A proposito (anche) di cinema italiano: Riccardo Cocciante, La nostra lingua italiana
https://www.youtube.com/watch?v=w3Q0O2CIzXs
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